Tre studi, ai quali partecipano tre ricercatrici dell’Istituto di neuroscienze del Cnr – Elisabetta Menna, Antonella Borreca e Maria Luisa Malosio – insieme a Michela Matteoli, direttore dell’Istituto, tutte  strutture del Dipartimento di scienze biomediche del Cnr, analizzano questi collegamenti, indagando rispettivamente le malattie del neurosviluppo, il decadimento cognitivo legato all’alimentazione e allo stile di vita e collaborando a studi sul nesso tra malattie croniche intestinali e insorgenza di ansia e depressione.

Che il sistema immunitario svolga un ruolo anche sulla salute del cervello è qualcosa di cui si parla da alcuni anni, ma di preciso cosa vuol dire? Possiamo fare qualcosa per capire se il nostro sistema immunitario sta lavorando “pro o contro” il nostro cervello? Un team dei ricercatori dell’Istituto di neuroscienze del Cnr, afferente al Dipartimento di scienze biomediche, che lavora presso l’ospedale Humanitas di Rozzano – composto da Elisabetta Menna, Antonella Borreca, Maria Luisa Malosio e Michela Matteoli – studia gli effetti di quest’interazione. Per affrontare questa tematica di studio, il gruppo interagisce strettamente con gli immunologi e i clinici di Humanitas, un’istituzione di eccellenza per lo studio dell’infiammazione. In particolare, tre progetti cercano di far luce su diversi aspetti di questa interazione.

Il primo indaga come il sistema immunitario “addestra” il cervello sin dall’embrione. Utilizzando un modello preclinico di infiammazione prenatale in stadi tardivi di gravidanza, il gruppo ha dimostrato che l’aumento della citochina pro-infiammatoria IL-6 induce un aumento della formazione delle sinapsi, i siti di contatto tra neuroni che permettono il trasferimento dell’informazione nel cervello, nonché una alterazione delle connessioni neuronali in diverse zone del cervello. Lo studio, pubblicato sulla rivista “Immunity”, ha anche consentito di identificare il ruolo chiave di un gene neuronale coinvolto in pazienti affetti da schizofrenia, supportando così le evidenze tra alti livelli materni di IL-6 e rischio di malattie del neurosviluppo.

Il secondo progetto riguarda il nesso tra alimentazione, stile di vita e cervello per prevenire il decadimento cognitivo nella popolazione. Le anomalie metaboliche quali obesità, diabete, e vari tipi di stress che inducono senescenza cellulare sembrano essere infatti uno dei fattori che possono accelerare il deterioramento. Questo progetto studia gli effetti della sindrome metabolica indotta dall’assunzione prolungata di una dieta ricca in grassi sul cervello dei maschi e delle femmine ed è svolto anche in collaborazione con l’Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare del Cnr e l’Università Milano Bicocca. Il lavoro è stato già sottomesso per la pubblicazione.

Infine, il gruppo collabora con i colleghi di Humanitas per comprendere quanto la salute dell’intestino influenzi la permeabilità del cervello agli stimoli esterni. Alcuni risultati pubblicati recentemente sulla rivista “Science” hanno dimostrato che, nel caso in cui segnali infiammatori si originino nell’intestino durante patologie gastrointestinali, il cervello viene “isolato” dal resto dell’organismo grazie alla chiusura di una barriera vascolare che impedisce il propagarsi dell’infiammazione. Questa chiusura è di per sé responsabile dell’insorgenza di depressione e ansia, il che potrebbe spiegare perché questi stati accompagnino spesso chi soffre di malattie croniche intestinali, come la colite ulcerosa e il morbo di Crohn.

 

Fonte: Almanacco della Scienza

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