La risonanza magnetica nucleare (RMN) è un esame diagnostico per immagini basato sull’applicazione di un campo magnetico ad alta intensità a tutto il corpo del soggetto e contemporaneamente di onde di radiofrequenza (simili alle onde radio) presso il distretto corporeo da esaminare. Rispetto ad altre metodiche per immagini, come la TAC, presenta il vantaggio della sicurezza e non-invasività per l’assenza di radiazioni ionizzanti.
A cosa serve la risonanza magnetica?
La risonanza magnetica è indicata nella valutazione di molte patologie, perché è in grado di valutare le lesioni a carico di tendini, muscoli, parenchimi, strutture scheletriche o fibro-cartilaginee.
Quindi viene prescritta nel caso si voglia utilizzare un metodo di indagine che possa discriminare bene non tanto e non soltanto l’anatomia delle strutture, quanto discriminare tra i diversi tessuti di cui sono composte le strutture stesse.
Come funziona?
La risonanza magnetica è un esame abbastanza veloce, in genere dura da pochi minuti a un’ora, a seconda della quantità di immagini che devono essere create.
Il paziente entra nel tubo della risonanza magnetica sdraiato su un lettino. L’esame utilizza un forte campo magnetico e onde di radiofrequenza analoghe a quelle delle trasmissioni TV.
È fondamentale che il paziente rimanga immobile durante lo svolgimento di tutto l’esame per evitare che le immagini risultino “mosse”, cioè piene di artefatti e non siano leggibili.
Non sono previste particolari preparazioni per sottoporsi a questo tipo di esame. Le persone che devono fare l’esame col mezzo di contrasto e sanno di essere allergiche, possono ricevere dei trattamenti farmacologici preventivi per evitare reazioni.
Chi può sottoporsi a risonanza magnetica?
In genere l’esame non ha controindicazioni.
Ci sono però dei fattori che impediscono la possibilità di svolgerlo. In genere, non possono svolgerlo tutte le persone che portano dei dispositivi che interagiscono con il campo magnetico, come per esempio:
- pacemaker,
- neurostimolatori,
- protesi di metalli non compatibili con la RMN.
In caso di dubbio in merito alla compatibilità del materiale con la risonanza è necessario informare con anticipo il medico che prescrive l’esame perché si possano fare gli accertamenti necessari.
Anche per le donne in gravidanza nei primi due mesi la risonanza magnetica è sconsigliata.
Per i pazienti che soffrono di claustrofobia è possibile in alcuni casi richiedere di eseguire l’esame in sedazione. Bisogna contattare la struttura preventivamente specificando il problema per vedere se è possibile essere sottoposti a questa procedura aggiuntiva.
Fonte: Med4Care