I paesi del G7 dovrebbero investire collettivamente circa 1.000 miliardi di dollari (820 miliardi di dollari) ogni anno nel prossimo decennio, per garantire che le loro economie si riprendano completamente dalla pandemia e per effettuare la transizione ecologica. La cifra è contenuta in un rapporto appena elaborato dalla London School of Economics su richiesta dal premier britannico Boris Johnson. Le grandi economie, prosegue lo studio, dovrebbero raddoppiare i finanziamenti per il clima per raggiungere e superare l’obiettivo di 100 miliardi di dollari all’anno che è fondamentale per il successo della Cop26 di Glasgow. Goldman Sachs ha stimato un impegno finanziario a livello globale di 3mila miliardi all’anno per almeno un decennio. L’ordine di grandezza è questo. L’impegno finanziario varia naturalmente da paese a paese, l’Italia si trova in uno stato piuttosto avanzato di de-carbonizzazione rispetto a molti altri paesi. Nel maggio del 2020, per la prima volta e nell’ambito un rallentamento dei consumi dovuto alla pandemia, la generazione da rinnovabili ha superato quella da fonti fossili. Ma queste stime riconducono alla loro giusta prospettiva quelle che, a prima vista, sembrano essere somme ingenti, stanziate dal Recovery fund e allocate nei vari piani nazionali di rilancio.

Solo l’Italia dedica alle varie voci della transizione energetica più di ottantina di miliardi di euro. Sembrano tanti ma non lo sono. Se si insisterà sul sul capitolo “green” sono l’antipasto di altri investimenti che dovranno arrivare. Il Recovery plan italiano attinge, ritoccando al rialzo alcuni obiettivi, a piani che già erano stati concordati con Bruxelles dai governi Conte uno e Conte due. L’obiettivo dell’Italia, in linea con quello degli altri paesi europei, è di accrescere sensibilmente il peso delle rinnovabili entro il 2030 e azzerare le emissioni di Co2 entro il 2050.

Oggi il nostro paese ha una potenza installata di 120 Gigawatt. Di questi 32 Gw vengono da eolico e fotovoltaico, 65 Gw da termico (quindi petrolio, gas e carbone) e altri 23 Gw dalle centrali idroelettriche. L’obiettivo dichiarato da Draghi è quello di aggiungere altri 60/ 70 Gw da rinnovabili. Questa sostituzione dovrebbe avvenire soprattutto attraverso impianti fotovoltaici con una potenza aggiuntiva di 50Gw, il resto da eolico. Davide Tabarelli, presidente di Nomisma energia, ha fatto alcune simulazioni di quello che questo significa in termini di impatto ambientale dei nuovi impianti. Premessa: 1 Gigawatt equivale a 1000 Megawatt. Tabarelli spiega quindi come un megawatt di fotovoltaico richieda 1,6 ettari di territorio (più o meno due campi da calcio). 50 Gw equivalgono a 50mila megawatt e quindi ad un utilizzo di 82mila ettari. Gli impianti eolici richiedono più spazio: 6,6 ettari per ogni megawatt. Per raggiungere 20mila megawatt servono quindi 131 mila ettari. In tutto si parla quindi di 214 mila ettari ossia meno dello 0,7% della superficie italiana.

“Quello dell’utilizzo di spazi aggiuntivi, onestamente, non è un grande problema“, sostiene però Tabarelli, che aggiunge: “In teoria si tratta del 2% dei terreni coltivabili e di circa lo 0,7% del territorio italiano ma bisogna fare alcune considerazioni”. “Innanzitutto”, continua l’esperto, “ammodernare gli impianti già esistenti consentirebbe di aumentarne la capacità del 50%, senza occupare altro spazio. Inoltre esistono moltissime aree dismesse, completamente abbandonate, che possono essere utilizzate per pannelli solari, oltre naturalmente ai tetti di fabbriche ed edifici”. Il presidente di Nomisma energia ricorda anche come oggi i costi di queste tecnologie siano nettamente inferiori rispetto al passato, impianti fotovoltaici costano circa un decimo rispetto alle prime installazioni.

Esistono invece due problemi ben più concreti. Il primo è quello dell’intermittenza. Sia eolico che solare sono fonti soggetti a picchi e a cali di produzione. Una condizione che si può, almeno in parte, alleviare attraverso reti energetiche di ultima generazione che consentono di gestire meglio eccessi e deficit di produzione che si verificano nei diversi punti. Quello che soffia sull’Italia è inoltre un vento piuttosto incostante e capriccioso. Il limite agli impianti eolici è questo, non il consumo del suolo. Servirebbero quindi dei parchi eolici in mare, dove le condizioni sono migliori. Come ricorda Tabarelli, nel mare del Nord esistono pale che sono grandi più della torre Eiffel. Il futuro è quello, ammesso che in Italia si accetti di percorrere questa strada che consentirebbe tra l’altro di “liberare” terreno.

“Oggi esiste la possibilità di costruire impianti eolici fino a 65 chilometri dalla costa, quindi con impatti ambientai molto modesti”, spiega Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto Club e responsabile del master sulle energie rinnovabili del Politecnico di Milano. “E’ fondamentale capire che la transizione energetica rappresenta una grandissima opportunità di sviluppo e di rilancio della nostra industria. Bisogna affrontare quella che è una rivoluzione ineludibile con questo spirito, non sulla difensiva”, spiega l’esperto. Le tecnologie in questo settore si evolvono ad una velocità impressionante, i costi si sono abbattuti e tra i vari paesi sono in atto continui rilanci per collocarsi sulla frontiera più avanzata di questo cambiamento. L’Italia non deve restare indietro, non deve perdere l’occasione. “Impatti sul paesaggio ci saranno ma non dimentichiamo che esistono moltissimi spazi, come cave o discariche oltre ai tetti degli edifici. Il Pnrr stanzia risorse anche per lo sviluppo dell’agrofotovoltaico, ovvero impianti a pannelli solari al di sopra delle coltivazioni nei campi agricoli. Soluzioni che non avrebbero ricadute particolarmente negativa sul paesaggio. Molte delle più importanti organizzazioni ambientaliste, considerano gestibile questo aspetto se paragonato rispetto ai benefici in termini di riduzione dell’inquinamento nell’ambito di una lotta per la salvezza del pianeta”.

Un segnale positivo è arrivato oggi dall’ultimo rapporto dell’Agenzia internazionale per l’energia secondo cui, nel 2020, nonostante le difficoltà dovute alla pandemia, in tutto il mondo sono stati installati quasi 280 gigawatt di nuove fonti di energia rinnovabili, con un aumento di oltre il 45% rispetto al 2019. E’ il maggior incremento annuo negli ultimi due decenni. La stessa Agenzia aveva comunque avvisato nel suo ultimo rapporto che il consumo di petrolio è destinato ad aumentare nei prossimi anni (soprattutto a causa delle dinamiche dei paesi asiatici) superando i 100 milioni di barili al giorno già nel 2023. Ieri la Casa Bianca ha annunciato l’approvazione definitiva del primo parco eolico offshore su scala commerciale, passo importante verso l’obiettivo del presidente Joe Biden di aumentare la produzione di energia rinnovabile negli Usa. Il Vineyard Wind project prevede l’installazione sino a 84 turbine nell’Oceano Atlantico a circa 12 miglia nautiche (22 km) al largo di Marthàs Vineyard, l’isola del Massachusetts diventata uno dei luoghi preferiti delle vacanze dei super-ricchi e dei potenti d’America. Il parco eolico potrà generare circa 800 megawatt di elettricità, sufficiente per alimentare almeno 400 mila case. L’amministrazione Usa stima che il progetto creerà 3600 nuovi posti di lavoro.

 

Fonte: Il Fatto Quotidiano

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