Nonostante la pandemia, la spesa degli italiani per il welfare privato – e, in particolar modo, per integrare le prestazioni pubbliche in materia di previdenza, assistenza e sanità – si mantiene elevata. Quali i maggiori ambiti di spesa secondo i dati rielaborati nel Nono Rapporto sul Bilancio del Sistema Previdenziale italiano?
Nel 2020 la spesa per welfare privato a carico delle famiglie per integrare le prestazioni pubbliche per pensioni, sanità e assistenza è stata pari a 98,5 miliardi di euro. Sulla base dei dati raccolti dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali nel Nono Rapporto sul Bilancio del Sistema Previdenziale italiano, si è registrata una leggerissima flessione rispetto all’anno precedente (-0,25%), segno che la pandemia non ha intaccato significativamente l’entità dell’integrazione degli italiani per il welfare.
Di questi 98,5 miliardi di euro, il 46% è destinato alla sanità, sia direttamente tramite la cosiddetta spesa out of pocket (40,3 miliardi) sia indirettamente grazie all’intermediazione da parte di Casse, fondi di assistenza sanitaria integrativa, società di mutuo soccorso e Compagnie di Assicurazione (5,2 miliardi); circa il 34% viene speso per la “non autosufficienza”, intesa come assistenza sia domiciliare che residenziale (33,38 miliardi); il 17% viene investito per la previdenza complementare (16,5 miliardi) e la restante quota per le protezioni assicurative individuali (3,2 miliardi).
Figura 1 – La spesa privata per il welfare complementare per l’anno 2020 (dati in milioni di euro)
Entrando maggiormente nel dettaglio delle principali voci di spesa, il Rapporto rileva che gli italiani hanno speso oltre 40 miliardi di tasca propria per la sanità privata: nel dettaglio, 36,196 miliardi rilevati da ISTAT, cui è stata aggiunta una quota stimata per prestazioni non “in chiaro”, frequenti soprattutto per le spese di medio-basso importo. Considerando i benefici fiscali di cui godono le spese mediche, i curatori del Rapporto stimano che la spesa netta effettiva che grava sui bilanci familiari sia stata pari a 36,110 miliardi di euro.
Passando all’altra componente della spesa sanitaria, ovvero quella intermediata, i costi sostenuti dalle famiglie in Italia per i contributi versati ai fondi sanitari integrativi e per premi di assicurazione malattia ammontano a 5,165 miliardi di euro, intesi come somma dei costi per i contributi ai fondi sanitari iscritti all’Anagrafe del Ministero della Salute e i 2/3 della raccolta premi del ramo 2 danni/malattia che, per il 2020, si attestano a 2,986 miliardi (percentuale prudente per evitare duplicazioni poiché una parte della raccolta potrebbe riguardare i contributi versati dai fondi sanitari che si convenzionano o riassicurano in tutto o in parte tramite polizze). Come precisato nella pubblicazione, il dato sulla raccolta di contributi da parte dei fondi sanitari non è pubblico poiché l’Anagrafe dei Fondi Sanitari non rende al momento accessibili queste informazioni. Pertanto, per stimarne l’importo, i rimborsi a favore degli iscritti effettuati dai fondi sanitari (nel limite dei dati noti, risalenti al 2017, e qui attualizzati) sono stati incremento del 20% in considerazione del fatto che, in una gestione in economia, l’ammontare dei contributi deve logicamente essere superiore a quella dei costi, pena l’insostenibilità della stessa operazione mutualistica. Venendo al calcolo della spesa netta, occorre considerare che le agevolazioni fiscali attualmente previste dalla legge per la sanità integrativa implicano una disparità di trattamento, che meriterebbe peraltro di essere risolta dal legislatore, tra iscritti contrattuali, per i quali è prevista la deducibilità dei contributi versati fino a 3.615,20 euro e iscritti alle società di mutuo soccorso che hanno la possibilità di detrarre al 19% fino a 1.300 euro all’anno; per le polizze del ramo malattia la detraibilità è del 19% con limiti diversi a seconda che si tratti di copertura per invalidità (su un massimale di 530 euro) e per LTC danni (su un massimo di 1.291 euro). Al netto, dunque, dei benefici fiscali descritti è possibile stimare una spesa netta per la sanità intermediata pari a 4,171 miliardi di euro.
Subito dopo la spesa per la sanità, si evidenziano i 33,4 miliardi di euro destinati alla gestione della non autosufficienza, intesi come costi sostenuti dai singoli e dalle famiglie per residenzialità (RSA e altro) e per assistenza domiciliare (“badanti”) oltre al totale premi per polizze assicurative LTC. Al netto dei trasferimenti pubblici per indennità di accompagnamento e sostegno alla residenzialità di cui beneficiano i fruitori di queste prestazioni, la spesa è pari a 23,275 miliardi di euro.
Per quanto riguarda invece la previdenza complementare, nel 2020 si registra una crescita dei contributi versati dagli iscritti ai fondi pensione (+2,4%), per un totale di 16,5 miliardi di euro. Ai fini del calcolo della spesa netta, l’ammontare dei contributi è stato abbattuto della deducibilità ai fini IRPEF sul massimale di 5.164,57 euro annui, pari a 4,44 miliardi di euro secondo i dati rilevati dall’Agenzia delle Entrate, e, di conseguenza, la spesa effettiva per la previdenza complementare si attesta a 12 miliardi di euro.
Figura 2 – Confronto tra spesa privata lorda e netta per il welfare complementare per l’anno 2020 (dati in milioni di euro)
Considerata l’ampia quota di risorse che gli italiani destinano e alla luce delle tendenze demografiche e di invecchiamento della popolazione, la sanità, la non autosufficienza e la previdenza risultano allora essere tre ambiti fondamentali su cui impostare un’alleanza ben strutturata tra pubblico-privato nel prossimo futuro che possa garantire un risparmio di spesa da entrambe le parti, Stato e privati, e un efficientamento dei servizi offerti e delle prestazioni garantite.
Fonte: Itinerari previdenziali