È una caratteristica particolare di manifestazione di Sars-Cov-2; simile alla malattia di Kawasaki, ma più pericolosa. In Italia registrati finora 239 casi.
I ragazzi fra i 12 e i 18 anni si ammalano poco di Covid e raramente hanno forme gravi.
Però in Italia sono stati segnalati 28 casi mortali di Covid in questa fascia di età e alcuni adolescenti sono finiti in terapia intensiva a causa di un quadro di infiammazione multi-sistemica che interessa tutto l’organismo, come ha ribadito, sul «Corriere, il professor Alberto Mantovani (qui l’articolo).
All’inizio della pandemia, questa infiammazione che colpisce più organi è stata definita «simil Kawasaki», per le similitudini con la malattia infiammatoria rara dei vasi di piccolo e medio calibro di tutti i distretti dell’organismo, la cui causa è attualmente ancora sconosciuta.
Ma ormai si parla di Sindrome infiammatoria multisistemica (Mis-C, acronimo inglese per Multisystem inflammatory syndrome – Covid) in età pediatrica, anche se la comunità scientifica è ancora divisa tra chi le riconosce uno status di autonomia e chi invece la ritiene ancora una manifestazione dello spettro della malattia di Kawasaki.
Cerchiamo di capire meglio di che cosa si tratta con l’aiuto del professor Andrea Biondi, direttore della Clinica pediatrica università Bicocca di Milano-Bicocca, Fondazione MBBM / Ospedale San Gerardo di Monza , e il professor Andrea Taddio, associato di Pediatria all’Università di Trieste e consigliere del Gruppo di studio di Reumatologia della Società italiana di pediatria.
Diverse definizioni per un quadro clinico che deve fare sospettare
Che cos’è la sindrome infiammatoria multisistemica e perché all’inizio si è parlato di simil-Kawasaki?
«Perché evidentemente aveva alcune caratteristiche che potevano in qualche modo richiamare la malattia di Kawasaki — spiega Andrea Biondi — . Progressivamente sono emerse le differenze da un punto di vista clinico e patogenetico tra queste due forme. Esistono diverse definizioni di malattia che sono però in gran parte sovrapponibili, e queste diverse definizioni sono quelle prodotte dall’Organizzazione mondiale della sanità, dai Centers for disease control and prevention (Cdc) di Atlanta Usa e dal Royal College of Paediatrics and Child Health nel Regno Unito. Ne è emerso un quadro che oggi permette in qualche modo di identificare differenze tra le due patologie e avere fin dall’inizio il sospetto di fronte a un bambino o ad un adolescente che si presenta con febbre elevata, segni di infiammazione sistemica evidenziati dagli esami di laboratorio (aumento dei neutrofili tra i leucociti, la Pcr elevata che è un indice di infiammazione, la linfopenia che ovviamente è tipica del Covid), con segni e sintomi di interessamento d’organo: il cuore , i polmoni, i reni».
Aggiunge il professor Taddio: «L’importante però è sapere che esiste una forma infiammatoria e che va trattata con tempestività quando la si riconosce».
Età, frequenza e altre differenze
Quali sono allora le differenze?
«La maggior parte delle malattie di Kawasaki si manifesta sotto i 5 anni. Caratteristica della Mis-C sono i bambini più grandi e il 25% dei casi registrati dai Cdc al maggio del 2021 — che sono 3.742 negli Usa — è nella fascia 12-18 anni.
Secondo criterio di differenza: la Kawasaki è molto frequente nei Paesi orientali, meno da noi. Inoltre nella Mis-C non si manifesta un aumento dei linfonodi mentre nella Kawasaki è più comune la presenza di linfoadenopatie.
Poi ci sono le complicanze cardiovascolari, frequenti alla diagnosi nella Mis-C. La disfunzione miocardica è presente alla diagnosi e questi quadri sono associati a severe miocarditi e pericarditi.
Da un punto di vista respiratorio, oltre a dei quadri aspecifici che sono tipici anche della Kawasaki , cioè congestione nasale e delle mucose, faringodinia, tosse, nella Mis-C il dolore toracico e l’insufficienza respiratoria sono molto più comuni», risponde il professor Biondi che, su 90 casi di Covid pediatrico seguiti al San Gerardo tra novembre e aprile, ne ha avuti cinque con diagnosi di Mis-C e tutti nella fascia d’età tra 12 e 18 anni.
Le terapie in campo
Come viene curata la Mis-C?
«I farmaci che si usano sono essenzialmente gli steroidi e le immunoglobuline ad alte dosi, ovvero la stessa terapia utilizzata nella Kawasaki — risponde il direttore della Clinica pediatrica —. Le immunoglobuline hanno un effetto immunomodulante che, associato all’effetto immunosoppressivo del cortisone, permette di curare in tutti i casi questa malattia. Anche il ragazzo tredicenne che nel giro di 24 ore è andato in shock cardiogeno, ricoverato qui da noi, ne è uscito con questa cura».
Ma un altra arma si è aggiunta alle terapie: «Ci siamo accorti che probabilmente nei casi più severi, aggiungere altri farmaci come l’inibitore di una citochina infiammatoria che si chiama interleuchina-1, può essere molto efficace», spiega Andrea Taddio che assieme a un gruppo di colleghi sta scrivendo un lavoro scientifico proprio su questo argomento.
I casi finora registrati in Italia
Quanti sono i casi di Mis-C in Italia?
Il Gruppo di studio di reumatologia della Società italiana di pediatria ha realizzato il primo Registro nazionale. Dal 10 febbraio 2020 a oggi, ne sono stati registrati 239 .
«Stiamo cercando di fare confluire questi dati nel registro europeo gestito da Printo (Paediatric Rheumatology International Trial Organization, la più vasta rete internazionale per la sperimentazione di nuove terapie nelle malattie reumatiche del bambino che ha sede presso l’Uoc Clinica Pediatrica e Reumatologia dell’Istituto Giannina Gaslini di Genova, ndr), in modo da confrontarli con gli altri dati europei in modo da avere un registro più robusto.
I casi finora raccolti arrivano da circa tutta Italia. Abbiamo diffuso la nostra iniziativa attraverso la Sip e moltissimi hanno risposto, ma il Registro è su base volontaria e quindi potrebbe essere che non tutti i casi italiani siano stati segnalati».
Malattia seria ma curabile se diagnosticata e curata in tempo
Quali sono le prime evidenze che avete avuto dai casi registrati?
«Nel primo studio su 53 bambini affetti da sindrome multi-infiammatoria sistemica inseriti nel registro nazionale, pubblicato su Pediatric Rheumatology (qui l’articolo), rivista scientifica della Società europea di reumatologia pediatrica (con il professor Marco Cattalini dell’Università degli Studi di Brescia, ndr) abbiamo confermato che c’è una correlazione tra SARS-CoV-2 e sindrome multi-infiammatoria sistemica e ne abbiamo descritto le caratteristiche cliniche e di laboratorio.
Adesso stiamo scrivendo un secondo lavoro scientifico, più incentrato sull’aspetto terapeutico: la cosa più importante è infatti la rapidità del riconoscimento del problema e la tempestività del trattamento», dice Taddio.
«La prognosi di questi casi è buona. Sostanzialmente la malattia rimane nel complesso rara ma ormai c’è un’attenzione verso questi casi, almeno in ambito pediatrico, per cui se la terapia è tempestiva guariscono praticamente tutti. Nel nostro registro c’è stato purtroppo un decesso, ma tutti gli altri sono guariti senza sostanzialmente lasciare esiti cardiaci».
Ma i vaccini restano fondamentali
E la questione dei vaccini dunque?
«È vero, fortunatamente la Mis-C è un evento raro ma rappresenta la condizione più grave nel Covid in età pediatrica — sottolinea il professor Biondi —. Come ha detto il professor Mantovani, il vaccino nella fascia adolescenziale funzionerà come una sorta di cintura di sicurezza, di protezione nei confronti dell’incertezza. Quindi tutta la querelle sui vaccini tra i 12 e i 16 anni è un problema che non si pone per tre ordini di motivi: primo, è sbagliato mettere il tema in competizione con le altre fasce più a rischio, adducendo che non ci sono vaccini a sufficienza. La seconda obiezione: non siamo certi che il vaccino protegga da questo tipo di complicazione severe, ma è ragionevole pensare che lo sia perché bene o male elemento scatenante il Covid di questa risposta disimmune in alcuni soggetti suscettibili. Terzo, credo che lo percepisca anche la gente che più il virus circola, più il rischio di varianti che si possono creare aumenta e i giovani da questo punto di vista sono molto più intelligenti di quanto pensiamo . Perché se anche vaccino non vuol dire liberi tutti, vaccino vuol dire strumento di protezione in più. Si aggiungerà cioè alle protezioni che, ahimè, dovremo mantenere anche se vaccinati: mascherine, lavaggio delle mani e distanziamento».