In pensione in ritardo, con importi bassi che non consentiranno di vivere dignitosamente. Sono le prospettive dei giovani italiani nei confronti del loro percorso previdenziale che emergono dall’analisi del report «Condizioni e prospettive occupazionali, retributive e contributive dei giovani», realizzato da Eures e Consiglio nazionale dei giovani. Si tratta di un sondaggio realizzato su un campione di 960 giovani della fascia 18-35 anni, di cui 624 «lavoratori» stabili o discontinui, finalizzato a «raccogliere le esperienze dirette e le valutazioni dei giovani relativamente alle tre grandi questioni della stabilità/instabilità occupazionale, della situazione retributiva e della prospettiva pensionistica», come si legge nel report.
L’indagine campionaria, realizzata nei mesi di febbraio, marzo e aprile 2021, è stata condotta attraverso la somministrazione di un questionario auto-compilato su supporto elettronico e ha interessato l’intero territorio nazionale, con una sostanziale omogeneità dei rispondenti per area geografica, con il 36,4% di residenti nelle regioni del Sud, il 31,9% al Centro e il 31,7% al Nord, e una copertura che ha compreso tutte le regioni italiane. Il 37,2% degli intervistati risulta occupato con un lavoro stabile, il 26% è occupato con un lavoro precario/a termine, il 13,1% è uno studente-lavoratore (dedicando cioè almeno il 30% del proprio tempo a un’attività lavorativa) e il 23,7% risulta in cerca di una nuova occupazione (disoccupato) al momento della rilevazione.
Le aspettative sull’età. Per quanto riguarda l’età prefigurata del pensionamento, soltanto il 9,5% dei giovani intervistati non riesce a collocarla in una precisa fascia anagrafica, mentre il 35,4% ha indicato una età compresa tra 65 e 69 anni (cioè in linea con gli attuali requisiti imposti dalla riforma previdenziale Monti-Fornero). Relativamente maggioritaria risulta tuttavia la percentuale dei giovani pessimisti, che colloca l’età della pensione in una fascia anagrafica ancora successiva, immaginando di potervi accedere «tra i 70 e 74 anni» (21% del totale), «dopo i 75 anni» (6,3% del totale) o, addirittura, ritenendo che non riusciranno mai ad andare in pensione (il 17,1% del totale, pari ad oltre un intervistato su sei) «inquadrando l’assegno pensionistico come una chimera che non riusciranno a vedere».
Poco più del 10%, invece, ritiene che l’obiettivo pensionistico sia raggiungibile prima dei 65 anni: in particolare il 9,1% lo colloca nella fascia tra i 60 e 64 anni d’età, mentre un marginale 1,6% addirittura prima dei 60 anni.
Le aspettative sugli importi. Non migliori le valutazioni sull’entità degli assegni pensionistici: poco più di un terzo del campione (complessivamente il 35,6%) immagina che l’ammontare dell’assegno pensionistico potrà superare i 1.000 euro (sulla base dell’attuale potere di acquisto dell’euro): più in particolare il 26,4% prevede un valore compreso tra 1.000 e 1.500 euro, mentre il 9,1% immagina condizioni più favorevoli, indicando una cifra superiore a 1.500 euro. Sul fronte opposto, a prevedere un importo pensionistico che certamente collocherà il percettore al di sotto della soglia della povertà assoluta è il 17,6% dei giovani, convinto che, al momento dell’età pensionistica, riceverà il corrispettivo dell’attuale assegno sociale, ovvero una cifra inferiore a 500 euro. Leggermente più ottimista il 24,4% del campione, che colloca l’importo tra i 500 e 750 euro, mentre il 22,4% prevede un assegno compreso tra 750 e 1.000 euro. Elevata anche l’incidenza di giovani che non sanno esprimere un’opinione in merito (pari al 19,9%), risultando disinteressati, disinformati o troppo distanti dalle tematiche della previdenza.
Le aspettative sulla condizione di vita da pensionato. Sulla base di questi dati appare naturale la rilevazione di un sentimento di angoscia nei confronti delle pensioni da parte dei giovani: infatti, secondo quanto emerge dall’analisi, soltanto l’8% dei giovani intervistati afferma di pensare all’importo atteso dell’assegno pensionistico con «serenità e ottimismo», e solo il 9,1% «risponde con pragmatismo (ricordando a se stesso che «occorre darsi sa fare») ad una prospettiva certamente non rosea». A prevalere sono invece «sentimenti connotati negativamente, quali il senso di paura (22,8%), la rassegnazione (19,1%) o la rabbia/frustrazione (18,3%) che, complessivamente spiegano l’atteggiamento del 60,2% degli intervistati. Piuttosto consistente risulta infine la percentuale dei giovani (22,8%) che non riesce a immaginare una precisa risposta al quesito, demandandola ad un tempo più lontano o rimuovendo direttamente tale possibile pensiero. Di conseguenza, oltre i due terzi del campione (73,9%) immagina che «sicuramente» o «probabilmente» l’importo dell’assegno percepito non consentirà di vivere dignitosamente; più in particolare il 22,3% afferma di esserne «sicuro» e mentre il 51,6% considera tale condizione «probabile». Nettamente minoritaria risulta conseguentemente la quota degli ottimisti, per i quali «probabilmente» l’importo dell’assegno pensionistico che andranno a percepire consentirà di vivere dignitosamente (22%), cui si aggiunge un residuale 4,1% che considera certa tale prospettiva.
Pensioni integrative. A riprova della mancanza di fiducia nell’attuale sistema pensionistico arrivano anche le informazioni sulla possibilità di attivare una forma di pensione integrativa. A tale riguardo, i giovani intervistati mostrano una generale attenzione, anche se spesso «relegata alla sola dimensione intenzionale»: se, infatti, il 15,7% degli intervistati, ha già provveduto all’attivazione di un fondo, e il 2,6% ne gioverà grazie all’attivazione da parte dei propri familiari, circa la metà del campione rimanda tale decisione ad un periodo successivo della propria vita, adducendo motivazioni economiche (nel 24,2% i giovani dichiarano infatti che, pur volendolo fare, attualmente non dispongono delle risorse necessarie) o semplicemente rimandando di qualche anno tale «appuntamento» (24,4%). Soltanto un marginale 1% del campione afferma invece di non avere bisogno di una pensione integrativa/complementare, ritenendo anche per il futuro di poter disporre di una solida situazione economica, mentre il 6,3% afferma di non essere interessato a tale strumento. In sostanza, il panorama delineato dagli under 35 italiani è di forte disillusione rispetto alle possibilità che gli saranno garantire una volta andati in pensione. In molti casi, ciò è anche accompagnato da una carenza di informazioni: ben il 33% non sa infatti come venga calcolata la pensione per le nuove generazioni, mentre un ulteriore 20% risulta «disinformato», ritenendo che attualmente sia vigente il sistema retributivo (4%) o un sistema misto (16%), in vigore soltanto per chi ha versato contributi prima del 1995. Minoritaria risulta quindi, la quota dei giovani «informati» (pari al 47%) che risponde correttamente indicando il sistema contributivo.
Fonte: ASSINEWS.it