La scelta del profumo non è casuale anche quando acquistiamo un profumo pensando che sia “solo” una questione di gusto, ma deriva da un insieme di azioni, spesso inconsce, che avvengono prima di tutto a livello cerebrale.

Il profumo è il risultato del lavoro dell’uomo sull’odore!

Gli odori sono immagazzinati nella memoria in un contesto sensoriale ed emozionale non sempre cosciente e spesso in associazione a immagini e suoni.

Possono essere definiti buoni o cattivi a seconda del gusto personale di ciascuno. Un odore si basa sull’emozione, la sensibilità, l’immaginazione e la memoria olfattiva si forma durante tutto il corso della vita. Fin dal terzo mese il feto percepisce gli odori che impara a gestire alla nascita attraverso il flusso respiratorio. La nostra educazione, i nostri ricordi, il nostro vissuto, formano il presupposto che verrà associato, attraverso un sistema di legami, a un’esperienza precisa: un odore a una persona, un luogo, un momento, una sensazione… La memoria olfattiva si forma per ripetizione o per fatto mancante. Un esempio di memorizzazione per ripetizione è il neonato che ha fame, sente il pancino gorgogliare e piange. La mamma lo attacca al seno. Il bambino associa la soddisfazione dell’appagamento della fame, la sensazione del gorgogliamento della pancia che sparisce all’odore della vanillina contenuta nel latte materno. Nel suo cervello si forma un legame che si consolida a ogni pasto e che fa sì che, negli allattati al seno, i profumi vanigliati vengano spesso riconosciuti come appaganti, di soddisfazione, buoni.

Altro esempio è dato dal profumo di un dolce cucinato che attiva in noi un aumento della salivazione, la cosiddetta “acquolina in bocca”.

Una guida alla scoperta e alla corretta gestione di tali meccanismi può contribuire in maniera significativa al benessere psicofisico dell’individuo.

 

Fonte: L’altra medicina

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