La normativa italiana consente l’utilizzo anche di plastiche biodegradabili e cartoncino reso impermeabile da un velo di politene, ma la direttiva europea non le prevede.

Come previsto fin dall’inizio, all’Europa non piace la via italiana alla plastica usa-e-getta. Una via, quella italiana, entrata in vigore il 14 gennaio e che lascia aperta la porta alle plastiche biodegradabili e al cartoncino reso impermeabile da un velo di politene. Per questo motivo alcune settimane fa Bruxelles ha mandato una lettera di contestazione a Roma, un «parere circostanziato» firmato dal commissario al mercato interno Thierry Breton, francese. Il divieto per alcuni prodotti di plastica a uso singolo, dice la Ue, vale per tutte le plastiche, che siano bio o no, che siano associate a carta o no. La nota mandata dalla Commissione di Bruxelles chiede all’Italia una risposta convincente, altrimenti la procedura volgerà verso l’infrazione.

La direttiva europea e l’Italia

La direttiva Single Use Plastics (Sup, plastiche a uso singolo) mette al bando alcuni prodotti di plastica come i piatti e le posate usa-e-getta. Vanno realizzati in modo che siano riusabili, oppure con materiali diversi dalla plastica. La normativa italiana che recepisce la direttiva (decreto 196, pubblicato dalla Gazzetta Ufficiale del 30 novembre, in vigore dal 14 gennaio) mette al bando i prodotti previsti dalla Ue, vi aggiunge un divieto anche per i bicchieri di plastica (l’Europa non li vieta) ma consente due usi della plastica non previsti dall’Europa. Sono permesse stoviglie e altri beni realizzati con alcune (non tutte) plastiche biodegradabili e sono consentiti i beni che contengono meno del 10% di plastica, come in particolare le stoviglie di cartoncino politenato.

La carta politenata è quella che si usa per i piatti di cartoncino, le scatolette che contengono gli hamburger nei fast food, i vassoietti di frutta e ortaggi confezionati al supermercato, i bicchieroni delle bibite gassate: un velo di plastica rende questi imballaggi di cartoncino impermeabili ai liquidi e resistenti ai condimenti.

Perché l’Europa non li vuole

Secondo la Commissione europea, la plastica biodegradabile è sempre plastica, in modo indipendente dalle materie prime usate e dal tempo in cui si dissolve. Simile la considerazione per il cartoncino politenato, perché la pellicola di plastica resta dopo la dissoluzione della parte di cellulosa. Rigettato anche il credito d’imposta dato dall’Italia alle imprese che spendono per comprare materiali sostitutivi.

Il 16 dicembre la Commissione Ue ha avvisato l’Italia, invitando a non applicare la normativa prima di un chiarimento per il 23 marzo. Per usare la contorta eurosintassi, «la Commissione ricorda che le disposizioni dell’articolo 3, lettera f), dell’articolo 5, paragrafo 2, dell’articolo 8, paragrafi 3 e 8, del progetto notificato richiedono ulteriori chiarimenti al fine di garantirne la conformità alle disposizioni applicabili della Direttiva Sup». Ma l’avviso di Bruxelles non è stato ascoltato.

L’industria e l’economia

L’Italia è in prima linea. Era fra i primi produttori europei di stoviglie non biodegradabili, mercato ormai in sofferenza; è leader oggi con le produzioni di plastiche biodegradabili, per 110mila tonnellate l’anno, 280 aziende con 2.800 addetti, un mercato da 815 milioni di euro, e con nomi del calibro della Novamont. L’Italia è leader nelle stoviglie di cartoncino le quali, secondo uno studio del centro danese di ricerche ambientali Ramboll, sono completamente riciclabili e altamente più sostenibili delle alternative.

Non è un caso se l’imprenditore Antonio D’Amato, che produce imballaggi a base cellulosica con il gruppo Seda, ha fondato l’associazione europea Eppa (European Paper Packaging Alliance), di cui è vicepresidente. «Oggi il tasso di riciclo degli imballaggi di carta e cartone nel nostro Paese ha raggiunto una quota superiore al 87% — avverte D’Amato — anticipando così di ben 10 anni il target richiesto dall’Ue e confermando la leadership del nostro Paese nell’economia circolare anche rispetto alla, già alta, media europea dell’83% di riciclo degli stessi prodotti. La normativa approvata dal Parlamento italiano non solo è pienamente legittima, ma si basa anche su dati scientifici estremamente solidi, puntando realmente a salvaguardare l’ambiente e favorendo una vera economia circolare nel rispetto della leadership scientifica e tecnologica italiana».

Allineate con la severità europea vi sono invece l’associazione di riciclatori della plastica Assorimap e alcune associazioni ecologiste, come Greenpeace («incomprensibili esenzioni nei confronti di prodotti rivestiti in plastica e deroghe ingiustificate per gli articoli monouso in plastica compostabile»).

 

Fonte: Il Sole24Ore

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