Quanto è tonico il nostro cervello? E come facciamo a misurarne lo stato di forma, non trattandosi di un muscolo? Secondo gli esperti, per funzionare a regime nella vita di tutti i giorni, il cervello ha bisogno di coordinare tre compiti essenziali: le funzioni esecutive, ossia, semplificando, le capacità di pensiero e ragionamento; la cognizione sociale, cioè l’attività mentale attraverso la quale interagiamo con gli altri; e la regolazione emotiva, la capacità di essere consapevoli delle proprie emozioni, positive o negative, e di regolarle – cercando di perseguire un senso di benessere.

In tempi difficili come quello che stiamo vivendo, non sempre questi tre pilastri sono ugualmente solidi. La buona notizia, però, è che il nostro stile di vita può contribuire enormemente alla salute del cervello, rallentare il declino cognitivo e migliorare il nostro stato emotivo. Come ricorda un articolo sul New Scientist, non è mai troppo presto, o troppo tardi, per iniziare a prendersi cura dei nostri neuroni: studi recenti hanno dimostrato che il cervello umano può continuare a produrre cellule nervose anche in età avanzata.

Ecco allora qualche consiglio scientificamente provato, con una doverosa premessa: non esiste una dieta miracolosa, o una singola soluzione semplice che possa fare la differenza. È piuttosto l’insieme di tutte queste cose, più la capacità quando occorre di chiedere aiuto, che conta.

1. COLTIVA I TUOI BATTERI INTESTINALI. Stiamo parlando di cervello, non di intestino! Potrebbe lamentarsi qualcuno. Eppure negli ultimi anni, è emerso in modo chiaro che esiste una connessione tra la fauna batterica intestinale e disturbi dell’umore, ansia e depressione. Quale sia di preciso questa relazione non lo si è ancora capito, ma basti pensare che la maggior parte dell’ormone serotonina, che stabilizza l’umore, è prodotta proprio nell’intestino, e solo un 10% nel cervello. Inoltre, si sospetta vi sia una relazione tra squilibri nel microbiota intestinale e alcune malattie neurodegenerative, come Parkinson e Alzheimer.

A sbilanciare la comunità batterica intestinale sono soprattutto le abitudini alimentari scorrette, un elevato indice di massa corporea, stress eccessivo, disidratazione, cattiva igiene mentale, ritmi sonno-veglia sregolati e jet lag, oltre ai cambi frequenti di partner sessuale (con un bacio profondo di 10 secondi ci si scambiano 80 milioni di batteri!). Un’alimentazione ricca di cibi a base vegetale aiuta a nutrire e tenere in salute i nostri invisibili ed essenziali ospiti intestinali.

2. ATTENZIONE ALLA DIETA. In questo caso contano sia la quantità di cibo, sia la qualità. Il cervello umano ha vissuto la maggior parte della sua evoluzione in epoche storiche in cui gli alimenti periodicamente scarseggiavano. In condizioni di digiuno, quando c’era poco cibo disponibile, era normale passare dal bruciare energie in forma di zuccheri (glucosio) all’attingere energie dalle riserve di grassi nel corpo. Si sospetta che questo passaggio metabolico, oggi poco frequente per l’abbondanza di cibo disponibile, aiuti a creare nuove cellule cerebrali (favorisca, cioè, i processi di neurogenesi). Per questo alcuni neuroscienziati stanno cercando di capire se il digiuno intermittente possa rallentare il declino cognitivo.

Oggi il 75% del cibo di cui si nutre l’umanità è prodotto da 12 piante e 5 specie animali: abbiamo appiattito la nostra alimentazione su una varietà esigua di nutrienti (una scelta tra l’altro pericolosa per la sicurezza alimentare – ma questo è un altro discorso). La dieta occidentale ha esasperato l’assunzione di omega-6, gli acidi grassi polinsaturi di origine vegale che possono favorire processi di infiammazione, a discapito degli omega-3, i loro antagonisti, che invece hanno una funzione protettiva per il cervello e abbondano in cibi come pesci grassi e frutta secca.

3. MUOVITI! Se di tutti i consigli dovessimo sceglierne uno, forse sarebbe proprio questo: fare dell’attività fisica regolare uno stile di vita. L’esercizio non solo rallenta il declino cognitivo, ma in alcuni casi lo inverte addirittura (oltre ad agire molto positivamente sull’umore). Il meccanismo benefico è la riduzione dell’infiammazione, un processo che può inibire la crescita di nuove cellule cerebrali. Il movimento facilita la neurogenesi favorendo il rilascio di un’importante proteina, il fattore neurotrofico cerebrale, o BDNF (Brain-derived neurotrophic factor).

Per aumentarne il livello servono almeno 30 minuti di esercizio fisico al giorno come camminata o pedalate in bicicletta. Per un impatto più deciso bisognerebbe optare per attività più intense, come corsa o allenamenti ad alta intensità. Ma non basta: occorre fare attenzione alla sedentarietà, evitando di stare troppe ore seduti o alzandosi dalla sedia almeno per 10 minuti ogni ora. Il 13% dei casi di Alzheimer nel mondo sarebbe proprio legato all’inattività fisica.

4. RICHIAMA, INTERESSATI, INVITA. Mantenere le relazioni sociali è più difficile in quest’epoca di distanze obbligate, ma non appena lo si potrà fare in sicurezza, sarà importante ricominciare. La solitudine, intesa come assenza di una rete di contatti sociali, è associata a un rischio più elevato di morte precoce, ed è una delle conseguenze di comportamenti che danneggiano la salute e le relazioni. A livello fisiologico, l’isolamento aumenta il rischio di infiammazione sistemica e ipertensione, di diabete, obesità, malattie cardiache, infarti e ictus, tutte condizioni che hanno un impatto sulla salute del cervello – perché interessano la circolazione sanguigna.

Fortunatamente, coltivare le relazioni sociali può contrastare questi effetti negativi e dare benefici diretti alla salute del cervello, perché migliora la formazione e la rievocazione dei ricordi, mantiene attive le capacità di pensiero e ragionamento, tiene a bada lo stress. Non occorrono ricevimenti faraonici e feste scatenate: basterebbe intavolare una breve conversazione con le persone che si incontrano quotidianamente, mostrare interesse per le loro vite, farsi includere in attività, anche da remoto, che coinvolgano anche altre persone.

5. IMPARA QUALCOSA DI NUOVO. E non ci riferiamo ad attività come il Sudoku o le parole crociate, ma a passatempi che oltre a stimolare sul momento le capacità di ragionamento siano stimolanti dal punto di vista cognitivo, perché richiedono concentrazione ed esercizio ripetuto: imparare una nuova lingua, cimentarsi in un tipo di danza, imparare a suonare uno strumento o diventare fortissimi in un gioco di carte, praticare il tai chi o la giocoleria sono alcuni esempi di hobby che impongono allenamento, costanza, presenza cognitiva, e mettono alla prova apprendimento e memoria. Possono quindi fare la differenza per la salute del cervello.

Di recente, uno studio ha confrontato i benefici cognitivi in un gruppi di 60-70enni di danza, camminata e ginnastica dolce. Solo la prima attività ha prodotto miglioramenti strutturali in una regione in stretta connessione con l’ippocampo, una struttura cerebrale cruciale per la memoria.

6. DORMICI SU. Temperatura, pressione, metabolismo sono strettamente collegati a un’attività troppo spesso sottovalutata: il sonno. Dormire per lungo tempo meno di 7 ore a notte può avere effetti negativi sulla salute generale e su memoria, umore, attenzione, capacità decisionale. La carenza cronica di sonno è considerata un fattore di rischio per le demenze e il declino cognitivo, e per diverse condizioni psichiatriche: la distruzione dei ritmi circadiani può ostacolare la produzione di neurotrasmettitori fondamentali e alterare i consumi energetici del cervello. Non è vero che con il passare dell’età servono meno ore di sonno: piuttosto, cambia il modo di dormire perché il sonno si fa più leggero e occorre più tempo per addormentarsi. Ma si può supplire alle carenze notturne con pisolini pomeridiani.

7. FAI LE COSE CHE TI RENDONO FELICE. Il benessere emotivo è importantissimo per la salute del cervello, perché ha effetti diretti sulle decisioni che prendiamo continuamente, mirate a cercare le esperienze positive ed evitare quelle negative. Come si raggiunge? Non c’è un’unica risposta. Studi recenti sostengono che oltre a mantenere le relazioni sociali e fare attività fisica, avere uno scopo nella vita possa fare la differenza, perché riduce i marcatori biologici dell’infiammazione e migliora le funzioni cognitive. Trovare uno scopo non è sempre facile, ma ci sono alcune attività che possono aiutare, come prendersi cura degli affetti, dedicarsi a passatempi che appassionino e dare il massimo nel proprio lavoro. Si può iniziare da qui.

 

Fonte: Focus

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