Un farmaco specifico contro Covid-19. Un’arma in più, insieme ai vaccini. E sarebbe anche il primo farmaco specifico contro Sars-Cov-2. A lanciare la corsa allo sviluppo di un nuovo antivirale contro il coronavirus è di nuovo Pfizer. “Dopo i promettenti dati preclinici iniziali – ha scritto su Twitter il Ceo, Albert Bourla – siamo lieti di condividere l’inizio delle somministrazioni in adulti sani”. Si tratta dell’avvio della sperimentazione di fase 1, primo step di un trial clinico che punta a valutare la sicurezza e la tollerabilità di un antivirale contro Sars-CoV-2. Questa fase è attualmente in corso soltanto negli Stati Uniti: ragion per cui nessun paziente italiano può al momento chiedere di entrare a far parte della sperimentazione.
Il composto, per il momento, ha un nome in codice: PF-07321332. Si tratta di un inibitore della proteasi, che negli studi condotti sulle cellule umane in vitro ha messo in mostrata “una potente attività” contro il coronavirus pandemico: questo è quanto riferito dalla multinazionale farmaceutica, la prima a tagliare il traguardo con lo sviluppo del vaccino a mRna in uso anche nel nostro Paese (per proteggere over 80, personale sanitario, ospiti delle Rsa e tutti i pazienti fragili). Le proteasi sono enzimi che spezzano i legami all’interno delle proteine e che servono per inattivare le proteine oppure per consentire a delle proteine immature di acquisire la loro struttura definitiva (e quindi la loro attività biologica). I loro inibitori agiscono bloccando la capacità di questi enzimi di “digerire” le proteine e possono pertanto essere utilizzati per mantenere delle proteine in uno stato inattivo. Si tratta di principi attivi già impiegati nel trattamento di altre infezioni virali, come quella da HIV (agente responsabile dell’Aids) e da HCV (epatite C). A questa classe appartengono lopinavir e ritonavir, impiegati nel trattamento dell’Aids e testati (senza successo) all’inizio della pandemia anche contro Sars-CoV-2.
“Affrontare la pandemia da Covid-19 richiede una duplice sfida: sul piano della prevenzione, ma anche del trattamento – afferma Mikael Dolsten, direttore della ricerca e sviluppo di Pfizer – quello che vogliamo verificare è se PF-07321332 possa attenuare l’infezione, se somministrato al primo segno di infezione e senza attendere che le persone abbiano bisogno delle cure ospedaliere”. È questa una delle piste battute dall’azienda, che al contempo sta testando (sempre in fase 1) anche un inibitore della proteasi da somministrare per via endovenosa, destinato però ai pazienti ospedalizzati. “Insieme, i due antivirali hanno il potenziale per creare un paradigma di trattamento che integra la vaccinazione nei casi in cui la malattia si manifesta”, conclude Dolsten.
Fonte: La Repubblica