A un anno dal lancio dell’iniziativa Onco Hair in Lombardia, 25 donne in cura per cancro al seno hanno ricevuto gratis un dispositivo medico del tutto simile ai capelli veri (utilizzabile per adulti e bambini, maschi e femmine).
I numeri inquadrano bene il problema: il 75% dei malati oncologici cita l’alopecia tra i più temuti effetti collaterali delle terapie, tanto che per questo motivo un 10% di loro valuta persino l’opzione di rifiutare il trattamento anticancro. La perdita dei capelli ha un impatto importante sulla vita dei pazienti, sul loro benessere psicologico, sulla vita affettiva, sociale, lavorativa. Le conseguenze sono pesanti nel rapporto con i figli, con i colleghi, con tutto il modo «esterno» perché obbliga a comunicare la malattia e aggrava il già oneroso carico del tumore e dei trattamenti. Da questi presupposti è nato il progetto Onco Hair, che dona i capelli alle donne che stanno affrontando la chemioterapia per carcinoma alla mammella, promosso da Associazione per il Policlinico Onlus, Fondazione Cariplo e CRLAB.
Una vita normale
A un anno esatto del lancio dell’iniziativa, inaugurata nel giorno della festa della donna 2021, sono 25 le donne che hanno potuto utilizzare, al posto della tradizionale parrucca, l’innovativo sistema protesico CNC (Capelli Naturali a Contatto) interamente realizzato in Italia. «Solo chi non ha avuto esperienza diretta con una neoplasia può pensare che la perdita dei capelli sia un corollario di poca importanza — spiega Dalila, 28 anni, una delle partecipanti all’iniziativa —. Vedersi belle, senza il segno evidente della malattia, dà una grande forza. Non permettere al tumore di impossessarsi del tuo volto, evitare gli sguardi commiserevoli di chi ti sovrappone alla malattia vuol dire tanto. Grazie alla protesi tricologica continuo a lavorare a contatto con il pubblico, nuotare, uscire con gli amici, passare le mie mani nei capelli come prima. Gli altri non mi vedono malata e me ne dimentico anche io». La protesi CNC permette infatti a chi la indossa una vita assolutamente normale, diventa parte integrante del corpo, non va tolta la notte e consente di nuotare, legarsi i capelli e persino farseli tirare. I chemioterapici che più frequentemente causano alopecia, spesso temporanea, sono le antracicline (come doxorubicina, epirubicin), gli antagonisti dei microtubuli (paclitaxel, docetaxel) e gli agenti alchilanti (ciclofosfamide, ifosfamide, etoposide).
La protesi tricologica
Poiché l’alopecia indotta da chemioterapia non può essere prevenuta, il modo migliore per convivere con il problema è quello di pianificare da subito come affrontare il cambio di aspetto. Purtroppo però, ad oggi, il rimborso di una parrucca non è ancora previsto dal Servizio sanitario nazionale, anche se alcune Regioni stanziano fondi a parziale o totale contributo per l’acquisto, e quelle di buona fattura sono molto costose. «Il sistema protesico CNC (capelli naturali a contatto) è un dispositivo medico, che utilizza capelli umani, vergini, non trattati, inseriti uno alla volta in una sottile membrana polimerica biocompatibile coperta da brevetto — spiega Stefano Ospitali, amministratore delegato di CRLAB (nei cui laboratori, a Zola Predosa, in provincia di Bologna, vengono realizzate le protesi capillizie) —. Il processo produttivo, completamente effettuato a mano, è personalizzato sulla singola persona. E, a differenza delle parrucche, non deve essere rimosso la notte e non si rischia che si muova durante alcune attività. È prevista solo una manutenzione periodica che dura circa un’ora». Uno studio pilota realizzato dall’associazione Salute Donna Onlus e condotto presso l’Istituto Nazionale Tumori di Milano ha anche misurato in 10 punti (ovvero circa il 33%) di miglioramento sulla scala BIS (scala dell’immagine corporea, che va da 0 a 30) l’impatto positivo per le pazienti con recidiva di carcinoma mammario e alopecia recidivante che utilizzano questo dispositivo invece della parrucca.
Utile a tutti i malati con alopecia
«Oltre alla malattia, anche la cura trasforma il corpo — spiega Donatella Gambini, oncologa del Policlinico di Milano che ha seguito il progetto Onco Hair —. Ciascuno, a seconda di carattere, età, contesto sociale, vive la perdita di capelli a modo suo, ma poter avere a disposizione un presidio che aiuta a ricostruire una situazione, anche estetica, di normalità è di grande aiuto». Diverse ricerche internazionali hanno messo in evidenza quanto il tumore al seno mini la femminilità e il benessere psicologico delle donne. «Abbiamo deciso di avviare il progetto, grazie al supporto di Cariplo e CRLAB, apprendendo dall’esperienza diretta delle donne che combattono contro il cancro quanto il presidio protesico avesse un impatto positivo su benessere psicologico, autostima, sessualità, relazioni sociali e percezione di se — commenta Claudia Buccellati, Presidente della Fondazione Policlinico Onlus —. Pensiamo sia importante offrire questo aiuto anche alle persone economicamente più fragili, ancora più indifese dinnanzi a una malattia che colpisce tutti. A conclusione di questo primo progetto pilota, realizzato in un anno presso il Policlinico di Milano, speriamo di poter proseguire l’iniziativa in altri reparti oncologici, per tendere una mano a quante più donne possibile a combattere questa lotta». Il dispositivo medico, infatti, può essere utilizzato da tutti i malati che soffrono di alopecia, adulti e bambini, maschi e femmine, indipendentemente dal tipo di cancro in questione.
Il ruolo delle istituzioni
Sarah Maestri, componente della Commissione Centrale di Beneficenza della Fondazione Cariplo, spiega l’impegno della Fondazione in questo progetto: «Potere tendere una mano a chi sta affrontando la malattia, offrendo un supporto a chi non se lo può permettere è perfettamente nelle corde della Fondazione Cariplo, sempre attenta alla fragilità in tutte le sue sfaccettature. In particolare di questa iniziativa mi ha conquistata lo sforzo di comprendere anche le necessità più intime e profonde delle donne impegnate in una guerra purtroppo tanto comune». A sottolineare l’impegno della politica regionale lombarda verso le donne che affrontano il carcinoma mammario è Simona Tironi, vicepresidente III Commissione Sanità e Politiche Sociali di Regione Lombardia e promotrice dell’appuntamento: «È importante che noi istituzioni manteniamo la giusta attenzione per supportare al meglio chi sta affrontando il percorso di cure — dice —. Nel solco delle azioni per la qualità della vita e l’inclusione sociale delle persone sottoposte a terapia oncologica, avendo potuto riscontrare l’utilità per le pazienti chemioterapiche della protesi capillizia, attraverso un mio ordine del giorno mi sono fin da subito adoperata affinché sia resa accessibile a quante più persone possibili, perché si tratta di uno strumento innovativo in grado di ridare la giusta dignità alla donna».
In Lombardia il progetto prosegue
L’auspicio degli organizzatori dell’iniziativa è che questo progetto sia di esempio per altre realtà, che si diffonda in altre regioni e sia disponibile a livello nazionale. Intanto, «Regione Lombardia e il Consiglio regionale supporteranno sicuramente anche in futuro questo progetto, un progetto di speranza ma anche concreta e reale possibilità di cura e di vita migliore» annuncia il presidente del Consiglio regionale della Lombardia, Alessandro Fermi. «Quando, a 13 anni dalla prima diagnosi, il cancro è tornato a bussare alla mia porta, il dolore fisico post-intervento e le conseguenze della chemio sono state la mia paura più grande — conclude un’altra delle donne che hanno partecipato al progetto, Silvia, 44 anni, alla sua seconda battaglia contro il tumore al seno —. Uno dei ricordi più dolorosi della prima malattia risale al giorno in cui ho perso i capelli. Non si può farlo capire a chi non l’ha provato. Sai che ricresceranno, ma quando ti alzi la mattina e vedi l’ombra di te stessa, vorresti solo coprire lo specchio e non guardarti più, ti vedi più malata di quello che ti senti. Ora poi c’è anche mio figlio, che fin da piccolo per rilassarsi ha l’abitudine di accarezzarmi i capelli e grazie alla protesi CRLAB non ha dovuto rinunciarvi. Non nascondo la mia esperienza di cancro, ma non voglio mostrare a chiunque e in qualunque momento la mia vulnerabilità. Nel 2008 ho vissuto una pessima esperienza di foulard e parrucche, ero sempre a disagio con me stessa. Non ho neppure una foto di quel periodo. Ora posso non rinunciare alla mia vita e a tutte le occasioni per stare in compagnia, senza sentirmi posticcia e fuori posto: mi guardo allo specchio e mi sento bella, forte e sicura di me».
Fonte: Corriere della Sera