Parliamo di vegetarianismo almeno dal 1847, quando il termine venne introdotto con la nascita della prima associazione vegetariana britannica “Vegetarian factory”. Le ragioni che spingono le persone ad adottare questo regime alimentare sono svariate: motivazioni etiche di rispetto per la vita animale, principi religiosi, attenzione per la salute e preoccupazione per l’ambiente. Molto spesso quindi non è solo una scelta alimentare ma uno stile di vita. Dai dati di uno studio realizzato in Brasile, pubblicato su Journal of Affective Disorders, emerge che nei vegetariani si manifesta il doppio degli eventi depressivi rispetto a mangiatori di carne, ma secondo i ricercatori non c’è nessun collegamento tra il disturbo e le scelte alimentari.

Crescono i vegetariani

Ogni giorno sempre più persone decidono di diventare vegetariane. Anche in posti storicamente più “carnivori”, come il Brasile per esempio, secondo quanto racconta un articolo su The Conversation: i dati di un’indagine recente riportano un forte aumento dei vegetariani, che sono passati dall’ 8% nel 2012 al 16% nel 2018. Il nuovo studio si basa proprio sui dati raccolti in Brasile, su oltre 14 mila persone di età compresa tra i 35 e i 74 anni, in cui sono stati stati valutati gli eventi depressivi.

L’associazione tra dieta vegetariana e depressione è stata espressa tramite il rapporto di prevalenza, cioè il rapporto tra il numero di malati e il numero totale degli individui in un dato istante di tempo, tenendo in considerazione variabili che potevano influire sul risultato (come fattori sociodemografici, fumo, assunzione di alcool, attività fisica). Lo stato di salute è stato valutato considerando l’indice di massa corporea, l’assunzione di micronutrienti e proteine, il livello di trasformazione degli alimenti, l’apporto energetico giornaliero e i cambiamenti nella dieta nei sei mesi precedenti. I risultati mostrano la frequenza degli eventi depressivi è il doppio in chi non mangia carne rispetto a chi la consuma.

L’associazione tra dieta vegetariana e depressione

A volte la relazione tra dieta e problemi di salute è lineare: le scelte alimentari scatenano il problema attraverso qualche carenza nutrizionale. Ma non è questo il caso, secondo le conclusioni dello studio. Per avere maggiore chiarezza sulla relazione che lega la depressione al vegetarianismo sono necessari nuovi studi che prendano in considerazioni anche fattori sociali e quelli propri del disturbo. Perché l’associazione potrebbe spiegarsi chiamando in causa altri fattori diversi dalla dieta, come spiega Chris Bryant del dipartimento di psicologia dell’Università di Bath, che su The Conversation avanza diverse ipotesi.

Le persone depresse manifestano un umore triste, vuoto o irritabile e generalmente tendono ad avere percezioni più veritiere del proprio ruolo e delle proprie capacità, scrive Bryant. Partendo da questo quindi è probabile che siano più propensi a sentirsi in colpa per il trattamento degli animali destinati al macello, a rimuginare su quei pensieri e di conseguenza che siano più inclini verso una dieta vegetariana. Inoltre, anche se la percentuale di vegetariani nel mondo è in continuo aumento, la scelta di questo stile alimentare potrebbe influenzare il rapporto con gli altri, favorendo potenzialmente forme di esclusione sociale per esempio.

Un altro fattore che ha un legame sia con il vegetarianismo che con la patologia è l’esposizione a documentari che descrivono la crudeltà nell’industria della carne, prosegue lo psicologo. Visto che tra le ragioni che spingono una persona ad adottare questo stile alimentare c’è una componente etica – quella di prevenire la crudeltà verso gli animali – una persona che si trovi di fronte a tali immagini potrebbe scegliere di diventare vegetariana “e, specialmente quanto la maggior parte delle persone sceglie di guardare dall’altra parte, depressa”.

Questo non significa che le scelte alimentari causino esclusione sociale o che le persone più sensibili a questi temi sono anche a maggior rischio di depressione – una malattia complessa – ma solo che ci sono ipotesi che vanno indagate più a fondo per capire questa relazione. E ancora prima anche per confermarla, anche con altri set di dati.

 

Fonte: Galileo

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