Fegato: il nostro centro antiveleno
Articolo del 11 Marzo 2021
Risvegli difficili, colorito smunto, sguardo spento, stanchezza visiva, pesantezza digestiva, mancanza di energia… e non pensi al fegato.
Milioni di persone vivono così, ogni giorno, senza necessariamente considerare questa condizione come una malattia.
Magari pensiamo di avere una carenza di magnesio, che dovremmo fare più esercizio fisico, che dovremmo porci obiettivi più stimolanti, prendere magari un po’ di sole.
Ma niente aiuta. O, allora, così poco…
Stanchi, finiamo per parlarne con il medico, che ci prescrive un esame del sangue.
Che non evidenzia niente.
Che cosa non va?
Eppure, non meno di un centinaio di affezioni minacciano il fegato, che è l’organo più grande e più pesante, ma di cui nessuno si interessa finché non mostra la sua sofferenza.
L’insufficienza epatica è la più comune di queste condizioni, di cui spesso soffriamo senza saperlo. I marcatori del fegato sono “verdi”, ma il fegato è rallentato, cosa a cui l’organismo per un po’ si adatta.
Questo si traduce con l’apparire un po’ provati, con il sentire una mancanza di energia ma, prima o poi, seguono le vere patologie, di cui le più gravi sono epatite, cirrosi e cancro. E… finiscono per apparire nei risultati delle analisi.
Eppure è relativamente facile drenare, rigenerare e stimolare il fegato e, nel peggiore dei casi, evitare un trapianto o la chemio.
È facile eliminare l’epatite dovuta al tabacco, all’alcool, al cibo industriale e alle droghe.
Ci sono cinque rimedi universali (e il qualificativo non è usurpato) per questo; cinque piante, tra cui una che fa miracoli quando si tratta di trattare più di un semplice affaticamento del fegato: il Desmodio.
TEMPI DURI PER IL FEGATO
Mantenere un fegato sano è la condizione sine qua non della buona salute. Purtroppo, ci sono molti fattori di aggressione.
I nostri avi non conoscevano queste preoccupazioni, il loro fegato lavorava in pace. Ma l’arrivo massiccio di sostanze sintetiche negli anni ’50 attraverso l’agricoltura intensiva, l’alimentazione industriale, la medicalizzazione e l’inquinamento ambientale ha cambiato la situazione.
Migliaia di sostanze tossiche sovraccaricano il fegato, lo avvelenano, e rari sono i medicinali che non lo aggrediscono quanto (se non di più) dell’alcol.
Le decine di migliaia di molecole create dall’uomo negli ultimi 60 anni rappresentano altrettanti parametri sconosciuti per il fegato che, incapace di riconoscerli, non sa cosa farne, come riciclarli. Di che esserne rapidamente sopraffatto.
Come, in queste condizioni, non cadere nell’insufficienza epatica o fare un “fegato grasso” (steatosi), grande e sensibile alla palpazione?
Come se non bastasse, mangiamo di più (più calorie e quindi più lavoro per il fegato), in modo irregolare, intempestivo, senza tener conto dei ritmi del “direttore” della nostra salute.
FEGATO: UN “DIRETTORE” A FORMA DI SPUGNA
Quando si tratta di salute, il fegato è il “generale degli eserciti”, come ha sempre dichiarato la medicina tradizionale cinese. La sua missione suprema è quella di regolare la circolazione del sangue e la distribuzione dell’energia.
Agisce come una spugna, immagazzinando o ripristinando il volume di sangue secondo le necessità dell’organismo: durante l’attività fisica rilascia sangue per nutrire i muscoli; a riposo, richiama il sangue per filtrarlo ed eliminare i prodotti di scarto.
Nella visione cinese, il fegato governa i muscoli e i tendini grazie al suo ruolo di attivatore di calcio e magnesio nei fenomeni di contrazione muscolare. Con un fegato equilibrato, i muscoli e i tendini sono elastici e tonici. Al contrario, contratture e rigidità, crampi o tendiniti possono essere il segnale di un fegato in crisi. Quest’ultima si manifesta anche in alterazioni della vista, che vanno dall’affaticamento visivo cronico alla miopia.
Il fegato è inoltre una spugna per le emozioni: assorbe gli stimoli esterni e il suo stato influenza fortemente il modo in cui reagiamo ad essi. Uno squilibrio del fegato, e della sua cistifellea associata, può portare a significativi disturbi emotivi.
L’eccessiva energia del fegato causa irritazione, impazienza, irrequietezza e rabbia espressa, che può anche portare alla tirannia. Al contrario, uno stato di vuoto del fegato produce indecisione, ansia e frustrazione. La rabbia è introiettata e può evolvere in una vera e propria prostrazione.
Un fegato sano produce buon giudizio e forza di volontà, e riduce il rischio di “esplodere” per niente.
PERCHÉ IL TRUCCO DELLA BORSA DELL’ACQUA CALDA FUNZIONA SEMPRE?
Spesso lo ignoriamo, ma il fegato è soggetto a un movimento rotatorio permanente, con un’ampiezza di circa 2 cm, e al ritmo di un ciclo ogni minuto. Il fegato è costantemente in movimento, si automassaggia sotto l’effetto del diaframma.
E questo movimento è essenziale per la buona circolazione della bile, del sangue e della linfa. Ma perché questo movimento abbia luogo, il fegato ha bisogno di spazio. Va da sé che i ventri distesi, con organi ingrossati, non offrono condizioni favorevoli a questo lavoro epatico…
Il fegato è anche un attore importante nella termoregolazione del corpo, un vero radiatore. La sua normale temperatura di funzionamento è di circa 40°.
Questo movimento rotatorio e l’alta temperatura gli permettono di partecipare soprattutto alla degradazione degli alimenti e all’eliminazione di batteri patogeni, tossine e altri residui metabolici.
Da qui l’efficacia della terapia-lampo della borsa dell’acqua calda: posta sul fegato per circa 20 minuti, una semplice borsa dell’acqua calda lo allevia efficacemente dall’ingorgo. Questo apporto di calore gli permette di lavorare al massimo delle sue capacità.
FUNZIONI EPATICHE, MA 3 DA RICORDARE
Il nostro fegato è un impianto di produzione, un impianto di trasformazione, una piattaforma logistica, un centro amministrativo e un impianto di trattamento delle acque!
Alcune delle sue funzioni non si arrestano mai (la scienza ne conosce fino a 800).
Ma limitiamoci all’essenziale.
- Permette l’assimilazione di zuccheri, proteine e grassi.
- Sintetizza le proteine dagli amminoacidi, il colesterolo e i sali biliari che costituiscono la bile essenziale per l’assorbimento dei grassi.
- Disintossica la maggior parte dei veleni assorbiti dal cibo (purché non si saturi!), comprese le droghe che trasforma in composti non tossici. Assicura, con i reni, l’eliminazione dei rifiuti prodotti dal nostro metabolismo.
IL SEGNALE DI ALLARME
Questo “grande chimico del corpo”, per usare un’altra formula, quella del fondatore della medicina antroposofica Rudolph Steiner, è così potente che è l’unico organo capace di rigenerarsi, cosa che gli antichi greci sapevano, come suggerisce il mito di Prometeo in catene (ricorda: i rapaci venivano ogni giorno a nutrirsi del suo fegato, che ricresceva durante la notte, prolungando indefinitamente il suo tormento).
Oggi sappiamo che ogni metà del fegato può rigenerarsi in un fegato completo.
Per aiutarlo a rigenerarsi, quattro piante per il fegato sono utili a monte, quotidianamente.
Abbiamo già menzionato i segni di sofferenza del fegato, ma c’è un altro segnale d’allarme: svegliarsi nel mezzo della notte. L’osservazione di questo “sintomo”, individuato dalla medicina cinese, generalmente non inganna.
Come promemoria, il corpo umano segue un ritmo biologico di circa 24 ore durante il quale l’energia circola da un organo all’altro. Tra le 23 e l’1 di notte, l’energia domina nella cistifellea, poi passa nel fegato dove agisce fino alle 3 circa. Un risveglio notturno ripetuto in questa fascia oraria (dalle 23.00 all’1.00) indica più spesso un ingorgo del fegato.
Piuttosto che ricorrere ai sonniferi, che porterebbero solo una risposta sintomatica, queste insonnie ti dicono che è il momento di fare un drenaggio epatico.
DRENARE IL FEGATO, NIENTE DI PIÙ FACILE
Le piante che fanno bene al fegato si riconoscono dai loro principi amari. Già i romani e i greci attribuivano proprietà digestive alle sostanze amare (per esempio la cicoria) e le usavano sotto forma di preparati contro l’insufficienza epatica o l’ittero.
Questi rimedi, occasionali per gli antichi, sono inevitabili per noi a causa dell’inquinamento che subiamo: non abbiamo altra scelta che ricorrere al loro aiuto.
Due piante comuni fanno molto bene questo lavoro di manutenzione, drenando e stimolando l’organo: il tarassaco (dente di leone) e il carciofo.
Il tarassaco (Taraxacum dens leonis), amaro al punto giusto, drena e stimola il fegato, e lo fa al meglio. Come diceva il dottor Henry Leclerc, un rinomato erborista: “Il dente di leone strizza la spugna del fegato e sciacqua il filtro dei reni”, e “prescrivendolo a pazienti con angiocolite cronica, congestione epatica, colelitiasi, ho visto gli attacchi dolorosi diminuire e i sintomi dell’insufficienza epatica migliorare“.
Il tarassaco può essere preso come integratore ma può anche essere semplicemente mangiato, crudo o cotto, come parte di una cura primaverile.
Non c’è bisogno di complicarsi la vita con il carciofo: li hai appena preparati? Conserva l’acqua di cottura per fare una zuppa.
Ottimo drenante epatico, molto ricca di sali minerali, la foglia di carciofo è stata oggetto di molti lavori che dimostrano la sua efficacia in caso di insufficienza epatica, ed inoltre entra nella composizione di molti medicinali.
Il modo più semplice ed efficace, è bere l’acqua di cottura dei carciofi (biologici, va da sé). Ma ricorda che questa “acqua di carciofo” non è raccomandata in caso di artrite e infezione del tratto urinario.
ANCHE STIMOLARE E RIGENERARE È FACILE
Tre piante sono necessarie per promuovere il restauro del fegato e la rigenerazione delle cellule epatiche: la scelta dipende dal grado di gravità del danno epatico.
La prima è il Crisantello americano (Chrisantellum americanum), ideale per la “manutenzione”, per regolare le funzioni metaboliche di base e la prevenzione (colesterolo, trigliceridi, calcoli…).
Questa specie di piccola margherita è un super-depurativa, con proprietà toniche ed epatoprotettive.
Tra gli amerindi Kalinas, è usato in prevenzione e guarigione, molto regolarmente per “ripulirsi”, ogni 3 lune.
La seconda, il Cardo mariano (Silybum marianum), è più adatto alle situazioni di crisi: dalla crisi epatica all’epatite virale acuta, o anche alla cirrosi.
È anche una soluzione per eliminare gli effetti collaterali della chemioterapia.
Non solo il cardo mariano protegge le cellule del fegato, ma stimola anche il loro rinnovamento. Se si tratta di riprendersi da un eccesso di cibo, qualche capsula o tisana è sufficiente. In caso di disturbi gravi, serve ovviamente bel più delle tisane…
Lo stesso vale per il supremo rimedio per il fegato, il Desmodio (Desmodium Ascendens), una pianta in questo campo superiore a qualsiasi altra.
LA PIANTA CHE RIANIMA IL FEGATO MORIBONDO
Il Desmodium (Desmodium adscendens) è una pianta abbastanza diffusa nel continente nero (dal Senegal al Congo, passando per la Costa d’Avorio), dove cresce ai piedi delle palme da olio o degli alberi di cacao.
Le proprietà ineguagliabili (anche in medicina) del Desmodio sono state illustrate da un medico di Tolosa, il dottor Pierre Tubéry e da sua moglie, anche lei medico, la dottoressa Anne-Marie Tubéry. Durante i loro soggiorni in Camerun all’inizio degli anni ’60, i coniugi Tubéry hanno osservato che questa erba perenne era usata dai praticanti tradizionali per varie malattie del fegato, compresa l’epatite virale.
Questo fu il punto di partenza della loro ricerca: notarono per la prima volta che la maggior parte delle persone affette da epatite virale acuta trattata con Desmodium guariva. I loro livelli di transaminasi scendevano significativamente e, in più di due terzi dei casi, le loro condizioni cliniche miglioravano.
Quello che non avevano osservato, nella loro pratica medica, è che i farmaci fornivano sollievo senza, nella maggior parte dei casi, evitare una progressione alla fase cronica.
Nei casi di epatite virale (A, B o C), il Desmodio agisce rapidamente e visibilmente: i sintomi (ittero, perdita di appetito, stanchezza) scompaiono entro una o due settimane.
Nel corso del lavoro dei Tubery, il Desmodio è apparso come una soluzione notevole nel trattare l’astinenza dal fumo o dall’alcol, o come accompagnamento alla chemioterapia.
Insomma: una soluzione quasi miracolosa per ripristinare fegati danneggiati e grassi, condizioni che i medici spesso giudicano irreversibili. Ma, attenzione: c’è Desmodio e Desmodio.
Oggi è facile trovare questa pianta in Italia ma, come sempre, quando si tratta di rimedi universali, attenzione alle contraffazioni: ci sono 34 diverse varietà di Desmodio, e solo il Desmodium adscendens ha dimostrato il suo valore.
Attenzione anche alle forme galeniche, con risultati molto variabili, e attenzione ai dosaggi.
Una soluzione sicura è acquistarla da un erborista di fiducia, che può fornirvi la pianta secca, e fare dei decotti: basta far bollire 10 g di pianta secca (foglie) in mezzo litro d’acqua per 15 minuti e filtrare. E consumare il prodotto durante il giorno, e così fino alla scomparsa dei sintomi.
Preferite sempre il Desmodium biologico a qualsiasi altro, perché sono le foglie ad essere consumate.
Questa pianta è un rimedio potente e quindi non bisogna prenderne troppa: provocherebbe vertigini, perdita del gusto, affaticamento.
Non superare mai 1 g/giorno.
Tre settimane di trattamento saranno sufficienti per il mantenimento, da ripetere 3 o 4 volte all’anno.
In caso di gravi danni al fegato, contare almeno 2 mesi di trattamento, con pause ogni 3 settimane.
Fonte: Naturelab