Fuga dal lavoro autonomo: per la prima volta sotto i 5 milioni di occupati. Ecco perché
Articolo del 14 Giugno 2021
Dall’inizio delle serie storiche Istat lavoratori indipendenti scesi a quota 4,9 milioni, in calo di 313mila unità sull’anno, circa 100mila solo nei primi tre mesi del 2021. Effetto del cambio di calcolo statistico, ma a pesare ci sono anche crisi e mancati tutele.
Nel primo trimestre dell’anno gli occupati indipendenti sono scesi sotto quota 5 milioni. Secondo l’ultima rilevazione Istat sono circa 4,9 milioni, non succedeva dall’inizio delle serie storiche dello stesso Istituto di statistica. Rispetto al primo trimestre 2020 gli indipendenti sono diminuiti del 6%, rispetto al quarto trimestre 2020 del 2%, pari a 99mila posizioni.
Sono crollate soprattutto le posizioni a tempo pieno, e gli autonomi senza dipendenti, quindi soprattutto giovani all’inizio dell’attività. La contrazione di occupati indipendenti è proseguita pure ad aprile: secondo i dati mensili provvisori sempre dell’Istat il calo, su marzo, è di 30mila unità.
Il cambio delle stime sull’occupazione
A pesare, secondo gli esperti, in parte, su questa fotografia è stato anche il cambio delle stime sull’occupazione in ossequio alle nuove regole Ue. In pratica, dal 1° gennaio i lavoratori autonomi non sono considerati occupati se l’assenza dal lavoro supera i 3 mesi, anche se l’attività è solo momentaneamente sospesa.
In sintesi, la durata complessiva dell’assenza dal lavoro (più o meno di 3 mesi – una regola che vale anche per l’occupazione dipendente) diviene il criterio prevalente per definire la condizione di occupati. E visti i mesi di lockdown, più o meno duro, molti autonomi potrebbero non aver lavorato per tre mesi (e quindi sono conteggiati come non occupati).
L’impatto della crisi
Al netto del cambio delle regole statistiche, è un dato di fatto che la crisi si è abbattutta fortemente sul lavoro autonomo. Le principali misure emergenziali, blocco dei licenziamenti e Cig Covid-19, non hanno effetto su questo segmento del mercato del lavoro, mirando esclusivamente a tutelare l’occupazione alle dipendenze.
Per partite Iva, professionisti, collaboratori autonomi, sono stati messi in campo aiuti economici, temporanei, con i precedenti decreti del governo. Ma nonostante questo, tanti artigiani, esercenti, piccoli commercianti, liberi professionisti e lavoratori autonomi non ce l’hanno fatta e sono stati costretti a gettare definitivamente la spugna.
La mancate tutele normative
Restando sul piano lavoristico, lo smart working, ad esempio, nel lavoro autonomo è interamente a spese del professionista, e in questi mesi si è assistito a un drastico calo dei redditi, specie tra i più giovani. Non solo.
Tutte e quattro le deleghe previste dal Jobs act del lavoro autonomo del 2017, per ampliare le tutele ed estendere misure di welfare a professionisti e partite Iva, sono scadute nell’indifferenza generale della politica. Sempre a detta degli esperti, sarebbero state misure utile, soprattutto oggi per salvaguardare di più e meglio in primo luogo l’occupazione femminile autonoma.
Il dibattito sugli ammortizzatori agli autonomi
Il tema delle scarse coperture lavoristiche per gli autonomi è tornato nell’agenda politica con la riforma degli ammortizzatori, prima con i tecnici mominati da Nunzia Catalfo, poi con l’attuale ministro del Lavoro, Andrea Orlando, che l’ha annunciata per luglio. Entrambi, dopo l’Iscro, introdotta per i collaboratori della gestione separata Inps, hanno proposto di estendere i sussidi al mondo del lavoro indipendente. Al momento, non è però nota una proposta concreta, per via anche dei costi oggetto di confronto con il ministero dell’Economia.
Fonte: IlSole24Ore