Guariti dal Covid, cosa succede e cosa fare.
Articolo del 08 Dicembre 2020
Cosa succede una volta che si è guariti dal Covid? Se l’umore del paziente è senz’altro gratificato dal responso del tampone negativo, non ci si può comunque lasciare del tutto la malattia alle spalle. Perché sono opportuni una serie di controlli, di misure riabilitative e di precauzioni.
“Le conseguenze dipendono dalla gravità della malattia che è stata attraversata. L’organo che è stato principalmente colpito può avere conseguenze stabili o evolutive – spiega Dario Manfellotto, direttore di medicina interna dell’ospedale Fatebenefratelli Isola Tiberina di Roma e presidente nazionale Fadoi (società scientifica di medicina interna). – Tipico è il caso del polmone, che può andare incontro a un processo fibrotico, ovvero di sostituzione del tessuto normale con delle zone cicatriziali: questa condizione potrebbe evolvere verso la fibrosi dell’intero polmone. Per ora abbiamo solo sei mesi di osservazione sui pazienti guariti: non abbiamo, quindi, sufficienti dati a disposizione. Sappiamo però che è necessario assicurarsi che i guariti dal Covid abbiano ripreso le normali funzioni respiratorie e cardiache”.
Questo si può fare con vari test: “Ad esempio, per polmoni e cuore, è utile il test del camminare per 6 minuti, dove si vede se l’ossigenazione è buona o è alterata. Poi ci sono i test a sforzo, le prove a cicloergometro, le misurazioni dei gas nel sangue – spiega Manfellotto. – Anche i reni e il fegato vanno controllati. Ad esempio bisogna vedere se ci sono alterazioni nelle transaminasi e vedere se fegato o reni hanno subito delle conseguenze. Il danno renale da Covid all’inizio della pandemia sembrava trascurabile, ma ora stanno uscendo diversi lavori che mostrano come sia necessario – nei pazienti post-Covid – controllare la sua evoluzione. Nel programma post-Covid che abbiamo allestito, noi abbiamo predisposto due anni di controlli di questo tipo”.
I muscoli
Un altro aspetto importante per chi si libera del Covid è il recupero delle funzionalità muscolari. “Un paziente che è stato pronato e intubato nel reparto di terapia intensiva è un paziente che esce malnutrito, e caratterizzato da sarcopenia, ovvero dalla perdita progressiva non solo della massa del muscolo, ma anche della funzione, come succede sempre per i pazienti che fanno un percorso lungo nelle terapie intensive. In più il Covid ha un processo infiammatorio molto intenso che peggiora la sarcopenia – spiega Maria Cristina Mele, docente di patologia speciale all’Università Cattolica e direttore dell’Unità Operativa di nutrizione avanzata in oncologia presso il Policlinico Gemelli. – Quando escono, quelle persone, in funzione dell’età, dell’acutezza dell’infezione e del tempo trascorso in terapia intensiva, hanno bisogno di un percorso di riabilitazione lungo e anche di un supporto nutrizionale. Devono migliorare l’apporto energetico e proteico della loro alimentazione, seguiti da un team di nutrizione clinica composto da medici. Quindi è opportuna una dieta ricca di proteine tarata sulla loro condizione clinica. La nutrizione post-Covid deve essere ultra-personalizzata perché c’è un ampio spettro di età tra i guariti del Covid e quindi bisogna tenere conto delle condizioni di ognuno”.
Nell’ambito dell’ambulatorio Post-Covid del Policlinico Gemelli si usano, ad esempio, composti ad alta concentrazione di proteine che riescono a stimolare la produzione di proteine muscolari on quei pazienti, guariti, che hanno passato più tempo in terapia intensiva e devono quindi devono reimparare a camminare e a muoversi per riacquistare la piena autonomia. “Poi ci sono i casi intermedi: coloro che vengono ventilati in maniera non intensiva. Proprio perché c’è un isolamento e c’è la necessità degli operatori sanitari di entrare in sala solo un paio di volte al giorno, per di più bardati con le tute protettive, in quei pazienti che soffrono di più l’allontanamento dalla famiglia e l’assenza di contatti con l’esterno ci può essere un rischio di inizio di anoressia. Che è ovviamente da scogiurare – spiega Mele. – Per questi pazienti abbiamo concordato un supporto nutrizionale attraverso degli integratori (alimenti a fini medici speciali) che danno – in poco volume – molta energia e molte calorie, e che questi pazienti dovrebbero assumere ogni giorno. Per integrare ciò che non si riesce a dare in altro modo”.
Gli integratori
Sugli integratori è bene fare chiarezza. “Oggi si sa che la vitamina D, al momento dell’infezione, molto spesso è bassa. E sembra che possa dare (come sappiamo per altre condizioni cliniche) un miglioramento del quadro della risposta generale immunologica. Però ci sono dati ancora non definiti. E la ultrasupplementazione incontrollata di vitamine può portare gravi problemi, come ad esempio i calcoli al rene. Quindi è necessario sempre il controllo medico – spiega Mele. – E poi, come si è visto per altre patologie, si sa che lo zinco è un elemento fondamentale per il funzionamento del sistema immunitario. Anche contro l’influenza, il raffreddore e altre patologie. Perché lo zinco è un cofattore che entra in decine di enzimi indispensabili per la sintesi di alcuni composti che accompagnano la risposta immunitaria. Ma non servono integratori: lo zinco si trova in tutti i prodotti a derivazione animale, nella frutta e nella frutta secca. Chi si alimenta con una dieta dove ci sono sia proteine animali che vegetali, non andrà in carenza di zinco”.
Carenza di zinco
Ad andare in carenza di zinco, come ricorda Mele, sono i soggetti che hanno problemi di malassorbimento intestinale, oppure chi abusa degli integratori senza consultare il medico. “Questo perché chi esagera con un integratore, causa un eccesso di assorbimento intestinale di un solo nutriente che ostacola l’assorbimento di altri nutrienti- spiega Mele. – Se si vogliono evitare carenze di zinco, bisogna stare attenti agli eccessi di fibre, perché lo zinco – come tutti i cationi bivalenti – ha un’interferenza con i fitati, composti che si producono nella metabolizzazione delle fibre”.
Esercizio fisico
E oltre agli aspetti nutrizionali, nel post-Covid è cruciale il recupero dell’attività fisica. “Nella nostra esperienza, la cosa più importante che sta dando beneficio ai guariti è un misto di allenamento e riabilitazione all’aria aperta. Questo permette alle persone di riprendere fiducia nei confronti del proprio corpo, vedendo che riescono a sopportare degli sforzi sempre superiori. Questo gli dà molta fiducia, e l’occasione di “rompere la gabbia” all’interno della quale si sono sentiti reclusi nel periodo del ricovero e dell’isolamento – spiega Angelo Carfì, medico presso l’ambulatorio post-Covid del Policlinico Gemelli. «Abbiamo formato un gruppo di pazienti post-Covid che si è allenato con un trainer, all’aria aperta, con esercizi di resistenza e di forza, sempre a intensità medio-basse e a corpo libero. I pazienti riferiscono grandi benefici”.
Non sfidare il virus
Una volta guariti e una volta che si recuperano, grazie all’alimentazione e all’attività fisica, corpo e cervello, non bisogna però sfidare troppo il virus. “Chi è guarito non dovrebbe comportarsi in maniera incauta, anche perché costituisce un esempio negativo per gli altri. Magari in un gruppo di ragazzi, chi è guarito sceglie di togliersi la mascherina e viene emulato dagli altri, che però si mettono a rischio di contrarre il virus – commenta Manfellotto. – Anche perché il guarito da Covid che si toglie la mascherina o non rispetta il distanziamento corre il rischio di contrarre il virus influenzale. L’altra cosa importante è la vaccinazione: quella antinfluenzale e (per i soggetti indicati) la vaccinazione antipneumococcica. Ci sono studi dei maggiori immunologi che mostrano come le vaccinazioni – anche se non vaccinano nello specifico contro il Covid – hanno comunque un effetto di allenamento del sistema immunitario, che diventa quindi più in grado di difendere l’organismo anche dall’infezione da Covid”. Insomma anche quando si guarisce dal Covid, la battaglia contro il Covid continua e nessuno, per il bene di tutti, può disertare.
Fonte: La Repubblica