Il Sushi è davvero un cibo sano?

Articolo del 02 Marzo 2022

Il sushi è un cibo che ha conquistato l’Occidente negli ultimi anni, con il fascino e l’alone di cucina salutare che l’immaginario collettivo attribuisce da sempre alla dieta orientale. Ma non è tutto oro quel che luccica, come sempre.

Molti credono che nel sushi in fondo ci sia solo riso e pesce. Ma in realtà nessuno si prende la briga di capire per esempio come si prepara la polpettina di riso del sushi, e cioè scoprire che da protocollo viene farcita di zucchero, olio di girasole raffinato e melassa. Già il fatto che per fare il sushi si usa il riso bianco (detto anche riso brillato per via della sua raffinazione) non è un buon inizio, da un punto di vista puramente salutistico e nutrizionale (il riso bianco ha un altissimo indice glicemico, anche più alto di pane e pasta, e apporta solo amidi a livello di nutrienti). In più come abbiamo appena accennato vi si aggiunge persino lo zucchero, anzi spesso 2 o più tipi di zuccheri, come saccarosio e trealosio (si veda l’approfondimento più avanti nell’articolo).

I prodotti di sushi che troviamo pronti nei supermercati possono presentare anche molti più additivi, nella fattispecie è possibile trovare confezioni che contengono sciroppo di glucosio, estratti vari di bevande alcoliche come il sakè, l’acido fosforico (E338, quello che troviamo anche nella coca-cola) e addirittura il colorante caramello E150d e il famigerato esaltatore di sapidità glutammato monosodico E621, tutti composti chimici oggi ormai noti per avere effetti allergizzanti, irritanti per l’intestino ed eccitanti per il sistema nervoso, nonchè noti per creare dipendenza e assuefazione a livello cerebrale.

Oltre a questo, si trova spesso anche un conservante molto discusso, il benzoato di sodio (E221), un composto che fa parte dei conservanti antimicrobici o antimuffa e che in presenza di vitamina C (acido ascorbico) può formare un potente cancerogeno quale il benzene.

Con una simile lista di additivi, zuccheri e conservanti non possiamo considerare al momento questo prodotto come salutare, almeno nella sua versione più commerciale oggi in voga.

 

Fonte: L’altra medicina

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