La prima bistecca di laboratorio che “imita” quella vera
Articolo del 15 Marzo 2021
Bistecca artificiale, il piatto è servito, o quasi: creato per la prima volta un taglio di carne proprio come la bistecca che in molti sono abituati a mangiare, ovvero con la consistenza del muscolo e quindi non semplice carne macinata che si era riusciti ad ottenere in provetta nei tentativi precedenti di realizzare carne risparmiando gli animali.
È il risultato di un lavoro reso noto sulla rivista “Science of Food” e condotto da Shoji Takeuchi dell’Università di Tokyo: è lui ad aver ideato un metodo di coltura in 3D, arrivando a una carne artificiale con un tessuto di fibra muscolare molto simile a quello della bistecca. Gli scienziati nipponici hanno lasciato crescere cellule muscolari bovine in laboratorio, ottenendo delle fibre in tutto e per tutto simili a quelle dei muscoli veri: “Abbiamo sviluppato una bistecca con fibre muscolari perfettamente allineate in un’unica direzione”, spiega Takeuchi.
L’interesse a produrre carne artificiale ha origine non solo da motivazioni etiche, ma soprattutto dal fatto che la produzione di carne ha un costo ambientale enorme: il 26% della Terra non ricoperta da ghiacci è usato per il pascolo, il 33% dei terreni coltivati è usato per la produzione di mangime per il bestiame. Inoltre, gli allevamenti sono responsabili del 7% delle emissioni di gas serra. Quindi diversi gruppi di ricerca nel mondo tentano di produrre la carne in laboratorio per svincolare il consumo di questo alimento, peraltro in aumento date le crescenti richieste dei Paesi emergenti, dagli allevamenti del bestiame.
Non a caso quasi 10 anni circa sono trascorsi da quando poi, nel 2020, esperti dell’Istituto di Tecnologia di Israele ad Haifa, in un lavoro reso noto sulla rivista “Nature Food”, hanno prodotto carne in laboratorio, usando come supporto di crescita una impalcatura spugnosa fatta di proteine della soia (già in uso nell’industria alimentare per produrre gli hamburger vegetariani), su cui si posizionano e si moltiplicano cellule muscolari bovine e cellule delle pareti dei vasi sanguigni, fino ad assumere forma e dimensioni di un taglio di carne. Nell’ambito di questi esperimenti tre volontari si sono offerti come assaggiatori di pezzetti di questa carne fritta o al forno e tutti l’hanno promossa, sia per sapore sia per consistenza.
L’utilità di un supporto a base di proteina della soia è che, trattandosi di una sostanza commestibile e già approvata dalle autorità regolatore sul cibo, la si potrebbe lasciare nel prodotto finito da commercializzare. Inoltre, il muscolo bovino riesce a crescere di dimensioni, raggiungendo un peso adeguato. Ma il risultato finale resta ancora un po’ carente: una carne le cui fibre muscolari corrono omogenee in tutte le direzioni, conferendo all’insieme una struttura lasca, poco densa e non contrattile (cioè incapace di contrarsi, come dovrebbe invece fare un muscolo), è ancora diversa per consistenza da quella della carne “classica” che mangiamo.
Dunque, ad oggi, non vi erano ancora dei metodi per lo sviluppo di muscolo bovino che potessero essere usati per produrre bistecche, sottolinea Takeuchi: le condizioni di coltura per sviluppare grossi muscoli bovini devono essere migliorate, spiega, per arrivare a ottenere le caratteristiche di una bistecca. “In questo studio – racconta Takeuchi – abbiamo sviluppato un metodo di coltura per produrre muscolo bovino in 3D a partire da cellule staminali muscolari dell’animale, un tessuto composto da miotubi (le cellule muscolari hanno forma allungata come microscopici tubi), ben allineati tutti in un’unica direzione, come nel muscolo vero. E infatti – continua – il muscolo ottenuto in provetta è risultato dotato di capacità contrattile. Per farlo abbiamo impilato fogli di idrogel su cui erano scavati dei binari che guidano la crescita e la disposizione delle cellule bovine a formare fibre in un’unica direzione”. Strato su strato, il muscolo si forma, infine, grazie alle connessioni che si generano tra le fibre di ogni strato, dando uno spessore complessivo di un millimetro. La consistenza della carne ottenuta aumenta al crescere dei giorni di coltura.
Un altro dei vantaggi del muscolo così ottenuto è la sua sterilità, spiega Takeuchi: “Abbiamo infatti valutato la composizione microbica del muscolo, confermandone la scarsa contaminazione batterica, di gran lunga inferiore rispetto a quella della carne in commercio”.
Il prossimo passo sarà crescere pezzi di carne più grandi. Quelli prodotti finora pesano pochi grammi e Takeuchi vuole portarli a 100 grammi. “Introdurremo anche altri tessuti come grasso e vasi sanguigni per rendere la carne più realistica” – dichiara. Il grasso dà alla carne quel caratteristico sapore croccante e il sangue il suo inconfondibile colore.
Nessuno ha ancora assaggiato questa “carne giapponese”: “Al momento stiamo consultando gli organi collegiali e il comitato etico dell’ateneo al fine di chiedere l’autorizzazione all’assaggio del prodotto per valutarlo – anticipa Takeuchi -. Il nostro laboratorio sta inoltre collaborando con la Nissin Foods, azienda giapponese che produce ramen istantaneo (un tipico piatto del luogo a base di spaghetti in brodo), per portare la carne artificiale sul mercato”.
Fonte: La Stampa