L’esposizione precoce agli antibiotici può causare asma e allergie permanenti

Articolo del 02 Agosto 2022

Uno studio della Rutgers University, pubblicato da Mucosal Immunology, ha fornito le prove più solide ottenute fino ad oggi che la connessione tra l’esposizione agli antibiotici nella prima infanzia e il successivo sviluppo di asma e allergie è causale. Questi farmaci influenzano il microbioma intestinale e le funzioni metaboliche, che possono avere un impatto sull’immunità del bambino.

Un nuovo studio dimostra che l’esposizione precoce agli antibiotici uccide i batteri sani del tratto digestivo e può causare asma e allergie.

Il lavoro, pubblicato da Mucosal Immunology, ha fornito le prove più solide ottenute fino ad oggi che la connessione, da tempo osservata tra l’esposizione agli antibiotici nella prima infanzia e il successivo sviluppo di asma e allergie, è causale. “L’implicazione pratica è semplice: evitare l’uso di antibiotici nei bambini piccoli ogni volta che è possibile, perché può aumentare il rischio di problemi significativi e a lungo termine con l’allergia e/o l’asma”, osserva l’autore senior Martin Blaser, direttore del Center for Advanced Biotechnology and Medicine della Rutgers.

Nello studio, i ricercatori, provenienti dalla Rutgers, dalla New York University e dall’Università di Zurigo, hanno osservato che gli antibiotici, “tra i farmaci più utilizzati nei bambini, influenzano il microbioma intestinale e le funzioni metaboliche. Questi cambiamenti nella struttura del microbiota possono avere un impatto sull’immunità dell’ospite”.

Nella prima parte dell’esperimento, topi con cinque giorni di vita hanno ricevuto acqua, azitromicina o amoxicillina. Dopo la crescita degli animali, i ricercatori li hanno esposti a un comune allergene derivato dagli acari della polvere. I topi che avevano ricevuto uno dei due antibiotici, in particolare l’azitromicina, mostravano tassi elevati di risposte immunitarie, cioè di allergie. La seconda e la terza parte dell’esperimento hanno verificato l’ipotesi che l’esposizione precoce agli antibiotici (ma non quella successiva) causi allergie e asma uccidendo alcuni batteri intestinali sani che favoriscono il corretto sviluppo del sistema immunitario.

L’autore principale Timothy Borbet ha dapprima trasferito campioni fecali ricchi di batteri dalla prima serie di topi a una seconda serie di topi adulti senza alcuna precedente esposizione a batteri o germi. Alcuni hanno ricevuto feci da topi a cui era stata somministrata azitromicina o amoxicillina nelle prime fasi della vita mentre altri hanno ricevuto campioni normali da topi che avevano ricevuto solo acqua.

I topi adulti che hanno ricevuto campioni alterati dagli antibiotici non mostravano maggiori probabilità, rispetto ad altri animali, di sviluppare risposte immunitarie nei confronti di acari della polvere di casa, proprio come avviene nelle persone che ricevono antibiotici in età adulta che non hanno un rischio più alto di sviluppare asma o allergie rispetto a chi non li riceve.

Le cose sono andate diversamente, invece, per la generazione successiva. La prole dei topi che hanno ricevuto campioni modificati dagli antibiotici ha reagito di più agli acari della polvere di casa rispetto a quelli i cui genitori hanno ricevuto campioni non modificati dagli antibiotici. Questo comportamento è quindi risultato analogo a quello dei topi che hanno ricevuto antibiotici da piccoli e che hanno reagito di più nei confronti dell’allergene rispetto a quelli che hanno ricevuto solo acqua. “Si è trattato di un esperimento attentamente controllato”, commenta Blaser. “L’unica variabile nella prima parte è stata l’esposizione agli antibiotici mentre l’unica nelle seconde due parti è stata l’influenza o meno sul microbioma intestinale da parte degli antibiotici. Tutto il resto era identico”.

“Questi esperimenti – conclude Blaser forniscono una prova solida che gli antibiotici causano lo sviluppo di risposte immunitarie indesiderate attraverso il loro effetto sui batteri intestinali ma solo se i batteri intestinali sono stati alterati nella prima infanzia”.

 

Fonte: QuotidianoSanità.it

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