Medicina del territorio. “Più telemedicina e integrazione dei servizi“. Ecco le “14 mosse” di Cittadinanzattiva per riformarla.
Articolo del 04 Dicembre 2020
“Appare evidente l’urgenza di migliorare l’accesso alle cure per i pazienti sul territorio passando da una visione ospedale-centrica ad un approccio domiciliare dell’assistenza a favore dei cittadini con un approccio di sistema ed integrato”.
Così Antonio Gaudioso, segretario generale di Cittadinanzattiva, intervenuto stamattina in audizione Commissione Igiene e Sanità del Senato nell’ambito dell’indagine conoscitiva in materia di potenziamento e riqualificazione della medicina territoriale nell’epoca post covid (Atto n. 569).
Un’occasione per presentare 14 proposte per far ripartire la medicina del territorio.
Punto cardine dell’incontro il recentissimo Rapporto PIT Salute dal quale è emerso come l’ambito dell’assistenza territoriale sia al secondo posto per numero di segnalazioni dei cittadini raccogliendo quasi il 20% del totale dei contatti nel 2019 e confermandosi uno dei settori più critici nel periodo dell’emergenza Covid.
“Occorre ripensare il ruolo di tutti gli attori coinvolti nell’assistenza sanitaria sul territorio – ha detto Gaudioso – affinché alcuni di essi (medici di medicina generali, pediatri di libera scelta, infermieri di comunità, farmacisti, ecc.) possano assumere nuovi e maggiori compiti in modo da offrire risposte più adeguate ai bisogni dei cittadini e delle comunità. In questo modo, peraltro, si raggiungerebbe anche l’obiettivo di rendere più leggero il carico delle strutture ospedaliere e del personale medico in esse operante che potrà dedicarsi alla gestione dei casi più complessi soprattutto in situazioni di emergenza”.
Da qui le 14 proposte contenute nel documento presentato da Cittadinanzattiva.
1. Definire “il DM 70 del territorio” individuando gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici che consentono di assicurare a tutti i cittadini in tutto il Paese parametri uniformi dell’assistenza territoriale. Da qui la necessità della definizione di standard che puntino al miglioramento dei risultati dell’assistenza prestata (in termini di sicurezza, efficacia, appropriatezza, coinvolgimento degli utenti, equità di accesso, efficienza) partendo da una attenta analisi dei bisogni assistenziali e delle peculiarità, anche organizzative, dei vari contesti in un quadro di esigibilità dei diritti.
2. Completare il processo di riordino della medicina generale e della pediatria di libera scelta, favorendo l’integrazione con la specialistica ambulatoriale convenzionata interna e con tutte le figure professionali, compresa l’assistenza infermieristica di famiglia/comunità, per garantire la completa presa in carico integrata delle persone (scheda 8, Patto per la salute), attraverso la contrattazione collettiva e la definizione di modelli che sappiano adattarsi ai diversi contesti.
3. Passare dalla “continuità” alla “rete ospedale-territorio”. Non sono più sufficienti, laddove sono stati attuati, i pur importanti protocolli di “continuità” o di “presa in carico”. È necessario che gli ospedali, soprattutto quelli più piccoli, diventino a tutti gli effetti parte della rete dei servizi di comunità. Non più luoghi di attesa del bisogno che si presenta alle loro porte ma riferimento specialistico della popolazione a cui si rivolgono, strutturati dentro la comunità e non separati da essa.
4. Puntare sulla delocalizzazione delle cure dall’ospedale al territorio e più in generale in luoghi più prossimi al paziente, investendo risorse strutturali e di personale sanitario sui Distretti, sull’ADI e sulle cure primarie stabilizzando esperienze e procedure messe in campo durante l’emergenza dalle quali non si deve tornare indietro, come:
– la somministrazione di farmaci (ad esempio per pazienti oncologici) al di fuori degli ospedali, utilizzando le diramazioni territoriali delle Asl/Asst o il domicilio del paziente;
– il passaggio, laddove possibile e opportuno, a vie di somministrazione delle terapie farmacologiche presso le diramazioni territoriali o a domicilio;
– la consegna al domicilio del paziente, nei casi di particolari difficoltà di spostamento, di quelle terapie farmacologiche normalmente distribuite in modalità diretta (PHT), previa autorizzazione del medico referente;
– l’espletamento delle vaccinazioni in luoghi alternativi ai centri vaccinali e più prossimi ai cittadini come presso i Mmg e i Pls, i luoghi di lavoro, le farmacie, le scuole ecc.
5. Investire sull’Adi con finanziamenti strutturali e continuativi nel tempo per assicurare il necessario incremento del personale sanitario dedicato, potenziare la dotazione strumentale e tecnologica a disposizione del personale sanitario, garantire maggiore multidisciplinarietà degli interventi.
6. Potenziare i servizi di telemedicina per garantire la continuità delle cure (per controlli e consulti) e la gestione dei pazienti al domicilio, attraverso una delocalizzazione delle cure pienamente rispondente ai criteri di efficacia, efficienza e sicurezza, investendo in piattaforme informatiche integrate tra gli ospedali e i presidi territoriali.
7. Ripensare la formazione dei professionisti che operano sul territorio. Per rispondere ai bisogni di cura sempre più complessi è necessario adottare un approccio socio-sanitario integrato e coordinato. Questo richiede una seria riflessione, da parte delle Università e delle Scuole di specializzazione, sulle tipologie di professionisti formare, ad oggi ancora troppo orientate a formare medici di direzione ospedaliera e poco rispondenti alle esigenze della medicina di comunità.
8. Strutturare servizi di consegna al domicilio di farmaci e dispositivi medici per i pazienti cronici, avviando collaborazioni volte ad agevolare le modalità di consegna a domicilio con l’attivazione di programmi di supporto e counseling al paziente .
9. Implementare il fascicolo sanitario elettronico semplificandone l’accesso, assicurando l’interoperabilità dei dati tra le diverse infrastrutture tecnologiche e promuovendo azioni di informazione alla cittadinanza.
10. Agevolare la messa in rete delle farmacie con gli altri attori che tutelano la salute pubblica, per favorire sinergie. La farmacia può infatti svolgere un ruolo importante come attore e strumento di coesione sociale, a servizio della lotta alle disuguaglianze, in particolare nelle Aree Interne.
11. Investire nella diffusione dell’ostetrica di comunità e dell’infermiere di comunità, due figure che si sono rivelate molto utili, in particolare nelle Aree Interne, per rispondere ai bisogni dei pazienti, soprattutto, nell’ultimo caso, di quelli fragili.
12. Potenziare i servizi di supporto alle famiglie con particolari fragilità (quali demenze, autismo, problemi di salute mentale, dipendenze e disturbi del comportamento alimentare), sulle quali grava un peso molto oneroso per l’assistenza, assicurando uniformità e pari opportunità di accesso ai servizi in tutto il territorio nazionale.
13. investire sul ruolo dei caregiver riconoscendone appieno il ruolo attraverso: interventi “personalizzati” e modulati nel tempo, sul bisogno della persona e del caregiver e sul percorso di cura condiviso che coinvolgano non solo le risorse istituzionali ma anche il “volontariato” e il “welfare di comunità”; interventi che identifichino il caregiver come titolare del progetto di vita con la conseguente condivisione di “scelte informate” sul percorso di cura; formazione e orientamento del caregiver sui diritti, i servizi accessibili, le competenze operative e relazionali; semplificazione del percorso di riconoscimento della qualifica di caregiver familiare; sostegno psicologico per l’orientamento anche attraverso gruppi di sostegno o di auto-mutuo aiuto
14. Implementazione del welfare sanitario d’iniziativa, un modello assistenziale di gestione delle malattie croniche che “va incontro” al cittadino prima che le patologie insorgano o si aggravino, puntando sulla prevenzione e l’educazione prendendo a riferimento il Chronic Care Model.
“Come drammaticamente evidenziato, da ultimo, dalla crisi Covid-19, un investimento strategico sulla sanità territoriale è oggi più che mai necessario ma se si vuole dare effettiva attuazione agli indirizzi del Patto per la Salute, adattandoli alle specificità dei diversi contesti territoriali, lungo le linee di seguito tracciate, è necessario un impulso deciso e forte, anche e molto dalla società civile – conclude Gaudioso – per disegnare un’offerta di servizi socio/sanitari calibrata sui bisogni specifici dei diversi territori, è infatti necessario sviluppare percorsi partecipativi, in grado di assicurare la mobilitazione delle comunità, estendendo e rendendo sistemico l’approccio utilizzato in questo ambito dalla Strategia Nazionale delle Aree Interne. Questo, partendo dal presupposto che il valore della sussidiarietà è quello ‘valorizzare le specificità’ in un quadro di esigibilità dei diritti chiaro e trasparente e nella consapevolezza che l’opportunità di fare un lavoro di ‘rendicontazione partecipata’ delle tante risorse a disposizione fornisce l’occasione per rinsaldare quel rapporto di fiducia tra cittadini ed istituzioni, progressivamente venuto meno in questi anni”.