Odori e sapori distorti dopo Covid, il prof. Silani spiega cos’è la parosmia
Articolo del 06 Aprile 2021
Non solo perdita di gusto e olfatto, dopo la guarigione molti pazienti Covid lamentano la comparsa di parosmia: la percezione alterata di odori e sapori che può durare anche molti mesi. Vino che sa di benzina, shampoo che sembra zolfo.
Tra i tanti sintomi e disturbi associati al Covid-19, la perdita dell’olfatto (anosmia) e del gusto (ageusia) sono considerate altamente indicative della malattia. Inizialmente entrambe sottovalutate, anche se possibili durante comuni influenze, secondo studi recenti la metà dei malati di Covid-19 ne ha fatto esperienza durante l’ultimo anno.
Anosmia ed ageusia possono presentarsi contemporaneamente o isolate e generalmente regrediscono dopo alcune settimane. C’è tuttavia un ampio numero di guariti dal Covid-19 che manifesta il perdurare dei sintomi anche per vari mesi, oppure riferisce la comparsa di un nuovo fenomeno. Si chiama parosmia ed è un’anomalia olfattiva che si manifesta nel percepire erroneamente gli odori, sentendo cattivi quelli che invece sono normali (cacosmia). Analogamente, può manifestarsi la disgeusia, o percezione di gusti spiacevoli.
Le conseguenze della parosmia
Recenti studi riferiscono di pazienti in gravi difficoltà per questa espressione del Covid-19. Dolci dall’odore nauseabondo, prodotti da bagno che causano vomito, difficoltà di gustare il cibo come si faceva prima e percezione distorta degli odori delle persone più vicine fino a mettere in pausa la vita personale. Sono solo alcuni dei disagi segnalati ai neurologi nell’ultimo periodo.
Anche in Italia si stanno raccogliendo dati relativi che gli esperti stanno analizzando. Sanità Informazione ne ha discusso con Vincenzo Silani, professore ordinario di Neurologia all’Università di Milano, primario della Unità Operativa di Neurologia all’Istituto Auxologico Italiano e membro della Società Italiana di Neurologia (SIN).
«L’olfatto – ci spiega – funziona tramite terminazioni nervose che si portano dal naso al bulbo olfattorio per poi raggiungere la corteccia che identifica i normali odori. Nella parosmia o cacosmia lo stimolo viene percepito come anomalo e talvolta come fastidioso». Questi odori spiacevoli «non hanno nessuna corrispondenza nella realtà», ma partono da una interpretazione erronea dell’afferenza sensoriale normale.
Questo mese, prosegue il prof. Silani, «abbiamo pubblicato uno dei primi lavori italiani sull’argomento, siglato da un nostro specializzando, il dottor Jacopo Pasquini, in cui esaminiamo la perdita di olfatto al tempo zero, ovvero quando il paziente si è ammalato e successivamente dopo quattro mesi».
Il primo studio italiano
La maggior parte dei pazienti esaminati «ha mostrato di riprendere l’olfatto, vi è però una percentuale che non lo ha ripreso completamente o la ha ripreso in forma anomala. Si tratta ora di comprenderne le ragioni». A questo si unisce una sottopopolazione di pazienti che riacquisisce l’olfatto, anche se non completamente, «ma dopo qualche tempo comincia a sviluppare cacosmia». La stessa considerazione può valere per la perdita del gusto.
Il neurologo viene interpellato perché il paziente è preoccupato degli effetti che il disturbo sta avendo sulla vita quotidiana, spesso riferiti come «una profonda perturbazione». Ad esempio il vino pare avere gusto di benzina, lo shampoo di fiducia ha l’odore dello zolfo. La persistenza dei sintomi induce il paziente preoccupato a cercare aiuto.
Ma perché se ne parla solo adesso? «La consapevolezza di questi disturbi – precisa l’esperto – è stata raggiunta a poco a poco perché in una prima fase ha predominato la necessità di salvare il paziente dalle espressioni più gravi del Covid-19, per cui questi sintomi sono spesso passati in seconda linea». Invece ora, «che molti pazienti hanno superato la fase più critica della malattia, l’attenzione si è spostata anche su questa sintomatologia che rappresenta un effetto a lungo termine particolarmente fastidioso».
Sui social i primi gruppi di sostegno per pazienti con parosmia
Intanto sui social, specie inglesi e americani, sono già stati creati gruppi di sostegno per persone che stanno manifestando il disturbo. Lunghi post di pazienti esprimono chiaramente il disagio e chiedono ascolto perché “incompresi” da molte persone, anche vicine. «Tutti dicono che sto esagerando, ma a me viene in continuazione la nausea» scrive una ragazza. «L’intimità con il mio partner si è ridotta a zero – scrive un altro – perché sono perennemente disgustato da quello che sento nell’aria». Un ragazzo racconta di lavare i denti oltre 20 volte al giorno, per provare ad eliminare il cattivo sapore che percepisce nella bocca.
«Tutti i pazienti che abbiamo visitato con questi sintomi sono al momento sotto osservazione – conclude il prof. Silani – ma per ora vi è poco da consigliare da un punto di vista farmacologico: si può infatti mirare ad attutire farmacologicamente il sintomo, ma in termini terapeutici per ora non abbiamo che pochi suggerimenti per una cura risolutiva».
Fonte: Sanità Informazione