Olio di palma, secondo il Crea il claim “senza” trae in inganno i consumatori

Articolo del 19 Maggio 2021

La dicitura spingerebbe a pensare a un prodotto più sano, senza peraltro chiarire con che cosa sia stato sostituito. Gli autori delle ultime Linee Guida per una Sana Alimentazione del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’economia agraria hanno chiarito alcuni aspetti durante un convegno.

Al supermercato siamo ormai abituati a vedere in evidenza scritte che ci indicano cosa non contiene quel cibo. In gergo si parla di paniere alimentare “free from” e secondo l’ultima edizione dell’Osservatorio Immagino di GS1 Italy e Nielsen, a guidarne la crescita nell’ultimo anno sono stati principalmente i claim “senza antibiotici”“ridotto contenuto di zuccheri”“senza additivi” “senza glutammato”. In parallelo, altri slogan hanno registrato un trend negativo, in particolare quelli relativi al ridotto contenuto di grassi saturi e di grassi idrogenati, di sale e di calorie. L’indicazione “senza conservanti” resta la più importante sia come incidenza sulle vendite, sia come numero di prodotti.

Il claim “senza olio di palma” si è classificato al secondo posto per rilevanza, con un livello di penetrazione nelle famiglie italiane del 33,5%.

Le ultime linee guida elaborate dal Crea, il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’economia agraria, dedicano un approfondimento all’olio di palma e Andrea Ghiselli e Laura Rossi, che ne hanno curato la pubblicazione coordinando il lavoro di oltre cento esperti, hanno chiarito alcuni aspetti durante il convegno “Olio di palma e Sdgs: Nutrire il pianeta in modo sostenibile”.

Rossi, in particolare, ha ricostruito come mai negli ultimi anni abbiamo sentito parlare sempre di più di olio di palma: “L’industria alimentare si è mossa in risposta alla richiesta dei nutrizionisti e delle autorità competenti di eliminare gli acidi grassi trans – ha ricordato – Il modo per fare questo è utilizzare grassi saturi, come l’olio di palma appunto, che non necessitano di idrogenazione”. L’esperta ha anche sottolineato che il profilo nutrizionale dell’olio di palma è sostanzialmente uguale a quello del burro.

Ghiselli ha invece ribadito che, “sebbene il percepito pericolo per la salute legato all’olio di palma derivi dal fatto che contiene il 50% di grassi saturi, di cui l’Organizzazione mondiale della Sanità raccomanda un consumo limitato, in realtà, i maggiori apportatori di grassi saturi nella dieta degli italiani sono tipicamente altri, come per esempio i formaggi, le carni rosse, i salumi e a altri oli vegetali di cui facciamo maggior uso”.

Secondo il nutrizionista, la preoccupazione deriva piuttosto dal fatto che “il claim “senza olio di palma” espone il consumatore al rischio di percepire quel prodotto come più sano e quindi lo induce a consumarne di più. Con questa manovra il consumatore è “doppiamente ingannato” perché da un lato non sempre si chiarisce con cosa sia stato sostituito l’ingrediente eliminato e dall’altro è indotto a credere che di quel prodotto se ne possa consumare a volontà”.

Nelle sue linee guida il Crea invita i consumatori a porre una grande attenzione agli impatti ambientali delle filiere, compresa quella degli oli tropicali, tra cui l’olio di palma, che deve quindi essere non solo prodotto nel rispetto di elevati standard qualitativi e di sicurezza, ma anche in modo sostenibile dal punto di vista ambientale e sociale.

 

Fonte: QuotidianoSanità.it

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