Perché ci fa bene assecondare l’orologio biologico

Articolo del 06 Dicembre 2021

Mangiare, studiare, fare sport, dormire. Il nostro orologio biologico, nell’arco delle 24 ore, dirige tutte le funzioni dell’organismo. E tutto funziona meglio.

Il nostro corpo ha un suo minimo e un suo massimo di attività nell’arco delle 24 ore: bisogna quindi cercare di assecondare il ritmo biologico mangiando, allenandoci e dormendo nel momento giusto. Soltanto così tutto funziona al meglio: seguire il ritmo giusto del corpo, infatti, aiuta a non ingrassare, ad allenare i muscoli con maggior efficienza, a essere davvero concentrati quando dobbiamo studiare o lavorare.

«Abbiamo un orologio biologico principale che fa da direttore d’orchestra per tutte le funzioni dell’organismo: si trova nell’ipotalamo (una zona del cervello) e si regola principalmente con il ritmo luce-buio. Accanto a questo, ogni organo e ogni apparato ha un suo ciclo di attività e riposo da rispettare per stare bene», spiega Roberto Manfredini, cronobiologo dell’università di Ferrara e autore di Un tempo per ogni cosa (Mondadori Piemme, 2019). «Se sfasiamo l’orologio principale scambiando il giorno per la notte tutti i sistemi vanno in tilt, ma anche quando gli orologi secondari cambiano ritmo si va incontro a guai, perché è come se uno degli strumenti dell’orchestra stonasse.»

ORE 7: RISVEGLIO E… SESSO. La giornata ideale inizia con l’esercizio fisico perché, come spiega Manfredini, «muoversi prima di colazione aiuta a bruciare meglio e di più i grassi. In questo modo si arriva affamati alla colazione, che è il pasto principale della giornata, utile per fornire benzina all’organismo al mattino, quando serve di più. Inoltre, il risveglio è anche il momento migliore per il sesso, perché salgono il testosterone e altri ormoni, aumenta il desiderio e l’attività sessuale migliora».

E ancora: dopo la colazione riprendono i movimenti gastrointestinali, che sono quasi azzerati di notte, ed è l’ora giusta per andare in bagno (chi soffre di una leggera stitichezza dovrebbe sempre prendersi la pausa-bagno prima di uscire di casa). Quando il corpo è “a posto”, arriva il momento del cervello.

ORE 9: STUDIARE E LAVORARE. «Fra le 9 e le 11 del mattino sono al massimo la memoria a breve termine, l’attenzione, l’accuratezza, la precisione dei gesti: è l’orario favorevole per l’apprendimento e per lavorare al massimo della concentrazione», dice il cronobiologo. «Dopo pranzo, invece, arriva inevitabile una fase “down”. L’organismo, infatti, va in pausa, e andrebbe assecondato con un sonnellino (non più lungo di 30 minuti). Questo “stop”, tra l’altro, si verifica anche se si salta il pranzo oppure se si mangia poco, ma l’attività riprende verso le 15-16, quando si registra un picco nelle capacità di memoria a lungo termine, ed è quindi un buon momento per organizzare il lavoro, sedimentare e trattenere le informazioni, studiare».

ORE 18: SPORT! Nel tardo pomeriggio si può tornare in palestra: la coordinazione, la funzione cardiovascolare e i muscoli sono infatti al loro massimo, e sale anche la temperatura corporea (indicativa del metabolismo interno), che raggiunge il culmine verso le 18-19. Con la macchina-corpo a pieni giri, verso sera arrivano le performance ottimali negli sport di resistenza, come la corsa, il nuoto e la bicicletta. L’attimo, però, va colto al momento giusto, perché allenarsi troppo tardi può interferire con i meccanismi che ci portano poi verso il sonno. Il principale è la secrezione di melatonina, ovvero l’ormone del riposo, che inizia verso le 21.

ORE 22: BUONANOTTE. Il corpo a quest’ora comincia a spegnersi pian piano ed è bene assecondarlo, perché «attivare la macchina quando dovrebbe stare spenta significa scombinare equilibri delicati. Gli spuntini notturni, stare svegli fino a notte fonda, oppure esporsi alla luce artificiale di notte sfasa i cicli, e costringe l’organismo ad attività innaturali, fuori sincrono, che favoriscono la comparsa di molte malattie. Per esempio, di notte la temperatura corporea è ai minimi perché tutte le funzioni sono tarate sul basso consumo. L’apparato digerente non è pronto a ricevere cibo, il fegato non riesce a gestire bene i grassi. «Infatti, se mangiamo qualcosa di dolce, la glicemia sale di più e alla lunga tutto questo porta a ingrassare e a sviluppare con maggior facilità la sindrome metabolica o il diabete», conclude Manfredini.

 

Fonte: Focus

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