Perché lo studio del microbiota sta rivoluzionando le scienze psicologiche oltre che quelle biomediche
Articolo del 21 Marzo 2021
I recenti studi relativi il microbiota umano stanno cambiando radicalmente i paradigmi utilizzati dalle scienze biomediche e psicologiche perché offrono spiegazioni più esaustive sullo sviluppo delle malattie aprendo nuove prospettive terapeutiche e relative alla promozione del benessere psicofisico.
Il microbiota umano è l’insieme di tutti i microorganismi (batteri, virus e miceti) presenti nell’organismo umano e che quindi non possiedono il genotipo umano.
Lo studio delle complesse interazioni tra queste forme di vita microbiologiche e i loro effetti sulla fitness umana ha permesso attualmente di comprendere molte dinamiche che rappresentano una rivoluzione in campo biomedico perché offrono nuovi modelli interpretativi di disturbi e malattie oltre a fornire potenziali approcci terapeutici e di promozione del benessere relativamente molte dinamiche psicofisiche (sia strettamente organiche che più psicologiche).
Lo studio del microbiota, inteso come analisi sistematica della composizione e delle interazioni della popolazione di microorganismi che vivono nel nostro organismo, è molto recente a causa del giovane sviluppo della tecnologia necessaria a sequenziare i genomi dei microorganismi, analizzare i fenotipi e le complesse dinamiche (rispettivamente metagenomica, trascriptomica e metabolomica) esistenti con l’organismo umano.
L’analisi dei batteri che compongono il microbiota comincia ad essere piuttosto avanzata rispetto invece quella dei virus e dei miceti (rispettivamente batterioma, viroma e micoma) che rimane attualmente quasi interamente sconosciuta.
Nonostante lo studio del microbiota è una scienza estremamente recente, vedremo in questo scritto che, anche dalle relativamente poche ma solide conoscenze acquisite finora, possiamo già affermare senza ombra di dubbio che questo settore rivoluzionerà il campo biomedico e psicologico del prossimo futuro.
La massa totale del microbiota è di circa un kilogrammo e, sebbene sia distribuita in tutte le superfici del nostro corpo interne ed esterne a contatto con l’ambiente (pelle, bocca, stomaco, intestino, polmoni, ecc.), è maggiormente concentrata nel tratto dell’intestino tenue e del colon.
Anche se il peso totale del microbiota equivale circa a quello del nostro cervello, i microrganismi che lo compongono sono estremamente eterogenei (batteri, virus e funghi) tanto che il numero globale delle loro cellule è almeno dieci volte superiore a quello delle cellule del “nostro” corpo (delle cellule cioè che condividono il DNA umano) con un patrimonio genetico almeno mille volte più grande di quello che possiede il “nostro” stesso DNA.
Già da questi numeri possiamo capire quanto lo studio del microbiota sia un qualcosa di estremamente sfidante il concetto consolidato di cosa generalmente consideriamo con il termine “nostro” (riferito all’organismo) e di come la sua conoscenza possa impattare su quanto sappiamo relativamente la “nostra” salute psicofisica.
Se fino a pochi anni fa le scienze biomediche consideravano il microbiota semplicemente come un insieme piuttosto statico e passivo di microorganismi che vivevano in maniera parassitica il nostro corpo, adesso abbiamo capito che si tratta di un complesso ecosistema che vive all’interno del nostro organismo in maniera dinamica e simbiotica assolvendo a funzioni fondamentali per la nostra sopravvivenza e la nostra fitness.
Dalla produzione di neurotrasmettitori quali ad esempio la serotonina (più del 90% viene prodotta a livello intestinale) e la dopamina, alla funzione di elaborazione degli alimenti che assumiamo, al ruolo fondamentale di apprendimento del nostro sistema immunitario, il microbiota si sta rivelando un protagonista finora grandemente sottovalutato dell’eziologia di molte problematiche di natura sia organica (si veda ad esempio la celiachia, l’obesità o la colite ulcerosa) che psicologica (per esempio l’ansia, la depressione e molte psicopatologie quali l’autismo, la schizofrenia, etc.) (Caio et al., 2019; Cheunget al., 2019; Li & Zhou, 2016; Sharon et al., 2019; Foster &McVey Neufeld; 2013; Garrett et al. 2007; Mangiola et al., 2016; Rodrigues-Amorim et al., 2018; Simpson et al., 2021).
Lo studio del microbiota che si trova a livello intestinale, in particolare, ha fornito prove che rappresentano una sfida ai nostri attuali paradigmi psicobiologici che hanno sottostimato l’importanza di questo vasto ecosistema che vive “in noi” e “con noi” apportando alla nostra fitness grandi vantaggi anche in termini evoluzionistici.
Il microbiota è un ecosistema che interagisce in maniera biunivoca con molti sistemi costituiti dalle cellule umane nel senso che influenza ed è continuamente influenzato da molte complesse strutture funzionali che caratterizzano l’organismo umano attraverso il cosiddetto asse “microbiota-intestino-cervello” (Cryan et al., 2019)
Mi riferisco qui soprattutto ai numerosi recenti studi di trapianti di microbiota avvenuti tra modelli animali, da modelli umani ad animali e tra umani.
Le evidenze scientifiche riportate negli ultimi anni dimostrano che, per esempio, trapiantando artificialmente il microbiota di un ratto sperimentalmente stressato negativamente al punto di renderlo ansioso o depresso, all’interno dell’intestino di un topolino che non esibiva questi comportamenti, ha indotto velocemente (in pochi giorni) in quest’ultimo comportamenti ansiosi o depressivi simili al donatore (Kelly et al., 2016; Winter et al., 2018).
Anche il trapianto nella direzione opposta (cioè trapiantando il microbiota di un topolino non ansioso e non depresso nell’organismo di uno ansioso o depresso) ha avuto come risultato il miglioramento notevole della qualità di vita e della salute del topolino ricevente questa componente biologica.
Coerentemente con queste ricerche che confermano il notevole impatto globale del microbiota nell’organismo si sono riscontrate evidenze anche in contesti quali l’obesità (in esperimenti che hanno avuto come donatore del trapianto un ratto o una persona sebbene il “ricevente” fosse sempre un ratto) (Yu et al., 2020; Ridaura et al., 2013; Tremaroli & Bäckhed, 2012) o, per esempio, della sindrome del colon irritabile caratterizzata dalla presenza particolarmente pericolosa di un microorganismo chiamato Clostridium Difficile (in questo caso il trapianto è stato anche effettuato tra persone oltre che nei ratti).
Il concetto di eubiosi (equilibrio) e disbiosi (disequilibrio) è fondamentale per comprendere il microbiota perché anche nell’equilibrio ottimale di questa complessa comunità di microorganismi esistono esseri viventi potenzialmente pericolosi che però possono essere o meno controllati ed inibiti da altri microorganismi più funzionali alla fitness umana.
Un esempio tra tutti è Helicobacterpylori, batterio che causa ulcere e cancro allo stomaco ma solo nel contesto in cui altre specie batteriche non riescono più a limitare le sue capacità riproduttive. La presenza di Helicobacterpylori non è infatti l’unico criterio per prevedere lo sviluppo di ulcere o cancri allo stomaco dal momento che lo si trova anche in organismi sani privi di queste problematiche (Wroblewski&Peek, 2016).
In una situazione di eubiosi, l’Helicobacterpylori è inibito funzionalmente da altre specie batteriche che ne impediscono la proliferazione evitando quindi il conseguente sviluppo di patologie a danno dell’organismo umano.
Lo stress cronico, anche di natura psicosociale, impatta nell’equilibrio del microbiota cambiando il suo stato generale da eubiotico a disbiotico favorendo alcune specie batteriche che, come l’Helicobacterpylori, possono influenzare negativamente la fitness umana (Qin et al., 2014).
Naturalmente anche l’alimentazione è un fattore che modula il microbiota promuovendo la proliferazione di alcune specie batteriche e riducendo la riproduzione di altre ma le evidenze scientifiche hanno dimostrato che anche la qualità del sonno così come l’attività motoria o la somministrazione di antibiotici rappresentano altrettanti elementi che influenzano l’equilibrio del microbiota (Cox et al., 2014; Queipo-Ortuño et al., 2013; Smith et al., 2019; Trehan et al., 2013).
Grazie a ricerche molto recenti sappiamo ormai che un periodo particolarmente importante per la formazione del microbiota avviene soprattutto durante i primi anni di vita dell’organismo umano (“native core microbiota”) attraverso esperienze quali il parto, l’allattamento, la presenza di altri esseri viventi (per esempio animali domestici), l’assunzione o meno di antibiotici, la tipologia di stress psicosociale percepito, etc.(Koenig et al., 2011; Ottman et al., 2012).
I primi anni di vita sono fondamentali per la determinazione e la stabilità del microbiota ma questo non significa che la sua composizione non cambi nel tempo (si veda in particolare la fase “over 65”) e che quindi non possa essere influenzata da molteplici fattori che hanno un impatto globale sulla salute e la qualità di vita della persona.
Spero che riportando, anche se in maniera molto sintetica, i risultati delle ricerche sul microbiota sia ora evidente quanto queste conoscenze stiano cambiando i paradigmi sia delle scienze biomediche che psicologiche.
Alla luce dei dati acquisiti negli ultimi quindici anni in questo settore possiamo affermare che, ad esempio, molti modelli di patologie o disturbi che finora avevamo considerato non trasmissibili in realtà possono esserlo (vedi ricerche sul trapianto di microbiota relative l’ansia, la depressione, l’obesità, ecc.) fornendoci anche nuove potenzialità terapeutiche.
A titolo d’esempio possiamo pensare a come diversamente potrebbe essere considerata da un professionista, come uno psicologo od un medico, una persona che soffre di stati d’ansia o di depressione malgrado affermi di aver vissuto una vita percepita dalla persona stessa come serena e tranquilla e comunque priva di episodi particolarmente stressanti.
Le scienze del microbiota ci forniscono una possibilità interpretativa aggiuntiva molto interessante da approfondire che esula dalle varie forme di riduzionismo e di determinismo rappresentabili, ad esempio, dall’improduttiva ricerca di inesistenti traumi infantili dimenticati o di semplicistici squilibri chimici presenti a livello cerebrale.
Come sempre in questi ambiti la scoperta di nuove frontiere scientifiche apre la strada a nuove sfide anche etiche e legali infatti, conoscendo le ricerche sul microbiota e sapendo dell’impatto che questo può avere nella dinamica, ad esempio, madre-figlio/a, cosa sarebbe opportuno fare nel caso la madre possedesse un microbiota che predispone i suoi figli all’obesità o alla depressione? Queste sono domande alle quali in futuro occorrerà rispondere in maniera competente e responsabile soprattutto in uno scenario dove le informazioni scientifiche sul microbiota si accumuleranno ulteriormente.
Considerando quanta già sappiamo dell’ecosistema del microbiota all’interno della prospettiva epigenetica (che evidenzia cioè i fattori che determinano l’espressione differenziale del DNA)è possibile comprendere come il comportamento umano e la sua fitness sia il risultato di una negoziazione continua tra le esigenze del genotipo umano e quello delle migliaia di specie che colonizzano il nostro corpo.
In questo contesto, la Psicologia Epigenetica, ossia lo studio scientifico dell’influenza dei fattori psicologici sui processi epigenetici dell’organismo (Agnoletti, 2018) include anche l’impatto che possiede sulla memoria epigenetica del microbiota perché funzionale alle varie teleonomie dell’organismo umano (biologica, psicologica e socio-culturale) assumendo un ruolo ancora più complesso da esplorare.
La stessa nozione di “self” (cosa consideriamo e percepiamo come “nostro” nel senso di legato alla nostra identità) e cosa invece giudichiamo essere “altro” rispetto a noi, assume un nuovo significato alla luce del paradigma epigenetico (Agnoletti, 2020) soprattutto contestualizzato all’interno di un organismo che comprende un ecosistema come il microbiota caratterizzato da migliaia di microorganismi molto diversi tra di loro e diversi dal DNA umano.
La sfida scientifica del microbiota è solo agli inizi ma già così traccia la strada di un profondo rinnovamento dei paradigmi acquisiti finora dalle scienze psicologiche e biomediche perché offre nuove possibilità esplicative dei processi sia patologici che di quelli che promuovono la salute umana.
Fonte: Medic@ Live Magazine