Perché l’OMS ha impiegato due anni per dire che COVID-19 si trasmette per via aerea
Articolo del 19 Aprile 2022
All’inizio della pandemia, l’Organizzazione mondiale della Sanità ha dichiarato che SARS-CoV-2 non si trasmetteva attraverso l’aria. Quell’errore e il prolungato processo di correzione hanno seminato confusione e sollevano domande su che cosa accadrà nella prossima emergenza pandemica.
Mentre il 2021 volgeva al termine, la variante altamente contagiosa Omicron del virus pandemico correva per il mondo, costringendo i governi a prendere ancora una volta azioni drastiche. I Paesi Bassi hanno ordinato alla maggior parte delle imprese di chiudere il 19 dicembre, l’Irlanda ha imposto il coprifuoco e molti paesi hanno imposto divieti di viaggio nella speranza di domare lo tsunami di casi di COVID-19 che riempiva gli ospedali. In mezzo all’ondata di notizie disperate intorno alle feste di fine anno, un gruppo di ricercatori ha accolto uno sviluppo che sembrava non arrivare mai. Il 23 dicembre, l’OMS ha pronunciato l’unica parola che prima sembrava incapace di applicare al virus SARS-CoV-2: “trasportato dall’aria” (airborne).
I consigli per la salute pubblica su COVID-19 a inizio 2020 si sono concentrati sulla sanificazione delle superfici più che sulla protezione dalla trasmissione per via aerea
Sul suo sito web, una pagina intitolata “Malattia da coronavirus (COVID-19): Come si trasmette?” è stata modificata senza far rumore per affermare che una persona può essere infettata “quando particelle infettive che passano attraverso l’aria vengono inalate a breve distanza”, un processo altrimenti noto come “aerosol a breve distanza o trasmissione a breve distanza per via aerea”. Il sito web dice che la trasmissione può avvenire attraverso la “trasmissione per via aerea a lungo raggio” in ambienti interni poco ventilati o affollati “perché gli aerosol possono rimanere sospesi nell’aria o viaggiare più lontano della distanza di conversazione”.
“È stato un sollievo vederli finalmente usare la parola ‘a trasmissione aerea’, e dire chiaramente che la trasmissione aerea e la trasmissione tramite aerosol sono sinonimi”, dice il chimico esperto in aerosol Jose-Luis Jimenez dell’Università del Colorado a Boulder.
La dichiarazione apparentemente non controversa ha segnato un chiaro cambiamento per l’OMS con sede in Svizzera, che aveva twittato categoricamente all’inizio della pandemia, “FATTO: #COVID19 NON è a trasmissione aerea”, mettendo la negazione in lettere maiuscole come per rimuovere qualsiasi dubbio. A quel tempo, l’agenzia sosteneva che il virus si diffonde principalmente attraverso le goccioline prodotte quando una persona tossisce, starnutisce o parla, un presupposto basato su decenni di insegnamenti di controllo delle infezioni sul modo in cui i virus respiratori generalmente passano da una persona all’altra. La guida raccomandava una distanza di più di un metro – entro la quale si pensava che queste goccioline cadessero a terra – insieme al lavaggio delle mani e alla disinfezione delle superfici per fermare il trasferimento delle goccioline agli occhi, al naso e alla bocca.
Ci è voluto fino al 20 ottobre 2020 perché l’agenzia riconoscesse che gli aerosol – minuscole particelle di liquido – possono trasmettere il virus, ma l’OMS ha detto che questo era un problema solo in ambienti specifici, come spazi chiusi, affollati e non adeguatamente ventilati. Nei sei mesi successivi, l’agenzia ha gradualmente modificato il suo consiglio per dire che gli aerosol potrebbero trasportare il virus per più di un metro e rimanere nell’aria.
Ma quest’ultima modifica è la dichiarazione più chiara dell’OMS sulla trasmissione per via aerea di SARS-CoV-2. E colloca il virus in un gruppo selezionato di infezioni “aeree”, un’etichetta a lungo riservata solo a una manciata di agenti patogeni più virulenti del mondo, tra cui il morbillo, la varicella e la tubercolosi.
Il cambiamento porta la comunicazione dell’OMS in linea con ciò che un coro di esperti di aerosol e salute pubblica ha cercato di fargli dire fin dai primi giorni dell’epidemia. Molti lamentano la lentezza dell’agenzia nell’affermare – senza ambiguità – che SARS-CoV-2 si trasmette per via aerea. Le interviste condotte da “Nature” con decine di specialisti sulla trasmissione delle malattie suggeriscono che la riluttanza dell’OMS ad accettare e comunicare le prove della trasmissione per via aerea era basata su una serie di ipotesi problematiche su come si diffondono i virus respiratori.
Le prime indicazioni dell’OMS per le mascherine riguardavano solo le persone infette e i loro congiunti
Per esempio, anche nel mezzo della rapida epidemia, l’OMS ha respinto i rapporti epidemiologici sul campo come prova della trasmissione per via aerea perché le prove non erano definitive, qualcosa che è difficile da ottenere rapidamente durante un’epidemia. Altre critiche sono che l’OMS si basa su una ristretta cerchia di esperti, molti dei quali non hanno studiato la trasmissione per via aerea, e che evita un approccio precauzionale che avrebbe potuto proteggere innumerevoli persone nelle prime fasi della pandemia.
I critici dicono che l’inazione dell’agenzia ha portato le agenzie sanitarie nazionali e locali di tutto il mondo a essere altrettanto lente nell’affrontare la minaccia aerea. Avendo spostato la sua posizione in modo incrementale negli ultimi due anni, l’OMS non è riuscita a comunicare adeguatamente il suo cambiamento di posizione, dicono. Di conseguenza, non ha sottolineato abbastanza presto e chiaramente l’importanza della ventilazione e delle mascherine in ambienti interni, misure chiave che possono prevenire la diffusione del virus per via aerea. Lidia Morawska, studiosa degli aerosol alla Queensland University of Technology a Brisbane, in Australia, ha intrapreso diversi tentativi per convincere l’OMS e altre agenzie sanitarie della minaccia aerea. Lei dice che la trasmissione per via aerea era “così ovvia” già nel febbraio 2020, e che ometterla dalle linee guida ufficiali è stato disastroso.
Ma Dale Fisher, medico specializzato in malattie infettive al National University Hospital di Singapore e presidente del comitato direttivo del Global Outbreak Alert and Response Network dell’OMS, non pensa che la confusione sul fatto che il virus sia trasmesso per via aerea abbia avuto un impatto determinante su come la pandemia si è svolta. “Non è la causa della catastrofe che abbiamo visto”, dice.
Altri ricercatori ancora difendono la risposta dell’agenzia, data la situazione in rapida evoluzione. “Non credo che qualcuno abbia commesso un errore, compresa l’OMS”, dice Mitchell Schwaber, medico di malattie infettive al Ministero della salute di Israele e un consulente esterno dell’OMS. “Tante supposizioni che avevamo su questo virus si sono dimostrate false. Imparavamo sempre nuove cose.”
Risolvere questo dibattito su come valutare la trasmissione dei virus respiratori è importante, dicono i ricercatori, perché potrebbe emergere in qualsiasi momento una variante più mortale di SARS-CoV-2, e a un certo punto nuovi virus respiratori quasi certamente affliggeranno l’umanità. Non è chiaro se l’OMS e il mondo saranno pronti.
Tensione nell’aria
Negli ultimi giorni di marzo 2020, Morawska ha contattato decine di colleghi – un mix internazionale di esperti degli aerosol, specialisti di malattie infettive e ingegneri edili e di ventilazione – per far conoscere la minaccia aerea di SARS-CoV-2. Il 1° aprile 2020, il gruppo ha inviato un’e-mail per esporre il loro caso a Michael Ryan, a capo del programma emergenze sanitarie dell’OMS, e a Maria Van Kerkhove, capo tecnico della risposta a COVID-19 dell’OMS.
Entro un’ora, l’agenzia era al telefono. Due giorni dopo, il gruppo ha partecipato a una videoconferenza con i membri dell’Health Emergencies Programme e dell’Infection Prevention and Control Guidance Development Group (IPC GDG), un gruppo esterno di circa 40 clinici e ricercatori che consiglia l’OMS sul contenimento delle infezioni, soprattutto negli ospedali. Al momento della riunione, più di un milione di persone erano state infettate da SARS-CoV-2, e 54.000 erano morte. La trasmissione di comunità era dilagante in diversi paesi.
Morawska ha presentato quello che lei dice essere un caso convincente per la trasmissione per via aerea. Spiccavano due fatti. Primo, c’erano prove solide che le persone si infettavano anche quando erano a più di un metro – la distanza di sicurezza raccomandata dall’OMS – da un individuo contagioso. Secondo, anni di studi sui meccanismi avevano dimostrato come il muco nelle vie respiratorie di una persona può essere spruzzato in aerosol mentre questa parla e accumularsi in stanze senza ricambio d’aria. Morawska si è sentita respinta seccamente dall’OMS e dai suoi consulenti. “Non avevo la sensazione che stessero cercando di vedere la cosa dal nostro punto di vista”, dice.
Lei e altre persone che studiano gli aerosol e la trasmissione delle malattie per via aerea dicono che l’IPC GDG è mal equipaggiato per valutare questo tipo di trasmissione perché la maggior parte dei suoi membri si è concentrata sul controllo delle infezioni negli ospedali e non ha esperienza nella fisica della modalità di diffusione dei contagi per via aerea. Al momento della riunione del 1° aprile, nessuno nell’IPC GDG aveva studiato questo tipo di trasmissione delle malattie, dicono i critici.
“Se si tratta di una nuova malattia, è meglio includere tutti”, dice Yuguo Li, ingegnere ambientale all’Università di Hong Kong, il cui studio dell’epidemia di SARS nel 2002-2003 aveva concluso che il virus responsabile, SARS-CoV, si diffondeva probabilmente per via aerea. Sospettava che anche SARS-CoV-2 fosse trasmesso per via aerea, anche se inizialmente pensava che fosse probabile solo una trasmissione aerea a breve raggio.
Marcel Loomans, fisico della qualità dell’aria interna alla Eindhoven University of Technology, nei Paesi Bassi, dice che spesso è difficile trovare un terreno comune tra le due discipline. “Avendo il punto di vista medico, non erano consapevoli di come gli aerosol si comportano nell’aria e di che cosa può fare la ventilazione”, dice. Le persone finiscono per “parlarsi addosso”.
Questa disconnessione si manifestava anche nell’uso dei termini scientifici. Gli esperti di controllo delle infezioni hanno a lungo tracciato una linea netta tra i virus trasmessi con le goccioline (droplet) respiratorie e quelli trasportati dall’aria, considerando solo questi ultimi come capaci di viaggiare lontano e persistere nell’aria. “Il pregiudizio dogmatico è certamente una grande parte del problema”, dice Don Milton, medico di medicina del lavoro che studia la trasmissione per via aerea delle malattie infettive all’Università del Maryland a College Park. Dice che era deluso ma non sorpreso dalla mancanza di azione dell’OMS nell’affrontare la minaccia aerea dopo la riunione del 1° aprile. “Ho semplicemente familiarità con il modo in cui pensano i medici”, dice.
Ma Schwaber, che presiede il GDG dell’IPC, ricorda la riunione in modo diverso. “Abbiamo preso molto sul serio le questioni che hanno sollevato alla riunione, e vi abbiamo risposto”, dice. “Niente è stato snobbato, niente è stato ignorato.”
All’epoca, dice, le prove disponibili suggerivano che le precauzioni aeree in tutti gli ospedali – comprese le maschere N95 [con un’efficienza filtrante paragonabile a quella delle FFP2, NdR] per il personale, i visitatori e i pazienti – non erano necessarie. Eppure, di fronte all’impennata dei decessi tra i medici e gli infermieri in prima linea, la maggior parte degli ospedali e delle agenzie sanitarie ha adottato queste precauzioni nei loro reparti COVID-19, oltre a protezioni meno severe come indossare maschere chirurgiche in altre aree dell’ospedale.
Scolari di Taipei pranzano dietro le pareti divisorie per fermare la diffusione del COVID-19 nell’aprile 2020, dopo che l’OMS ha sottolineato i pericoli delle goccioline respiratorie che viaggiano per brevi distanze
Mark Sobsey, microbiologo ambientale all’Università del North Carolina a Chapel Hill che è un membro del IPC GDG, dice che soprattutto nei primi giorni, le preoccupazioni avanzate all’OMS sulla trasmissione per via aerea erano “in gran parte infondate” e mancavano di prove credibili, come l’isolamento di particelle di virus infettivo da campioni di aria. I dati epidemiologici dalle indagini sui focolai erano “particolarmente deboli”, dice.
Secondo Trish Greenhalgh, esperta di assistenza sanitaria primaria all’Università di Oxford, nel Regno Unito, i membri del IPC GDG sono stati guidati dalla loro formazione medica e dal pensiero dominante in campo medico su come si diffondono le malattie respiratorie infettive; questo si è rivelato difettoso nel caso di SARS-CoV-2 e potrebbe essere impreciso anche per altri virus. Questi pregiudizi hanno portato il gruppo a ignorare informazioni rilevanti, quelle provenienti dagli studi di laboratorio sull’aerosol e dai rapporti sui focolai, per esempio. Così l’IPC GDG ha concluso che la trasmissione per via aerea era rara o improbabile al di fuori di un piccolo insieme di procedure mediche che generano aerosol, come l’intubazione un paziente.
Questo punto di vista è chiaro in un commento dei membri dell’IPC GDG, tra cui Schwaber, Sobsey e Fisher, pubblicato nell’agosto 2020. Gli autori hanno respinto le ricerche che usano la modellizzazione del flusso d’aria, i rapporti sui casi che descrivono la possibile trasmissione per via aerea e i riassunti delle prove della trasmissione per via aerea, etichettando tali rapporti come “pareri”. Invece, hanno concluso che “SARS-CoV-2 non si diffonde per via aerea in misura significativa”.
In effetti, il gruppo non è riuscito a guardare l’intero quadro che stava emergendo, dice Greenhalgh. “Devi spiegare tutti i dati, non solo i dati che hai scelto per sostenere il tuo punto di vista”, e l’ipotesi del trasporto aereo è la più adatta a tutti i dati disponibili, dice. Un esempio che cita è la propensione del virus a trasmettersi in “eventi di superdiffusione”, in cui numerosi individui sono infettati in un unico incontro, spesso da una sola persona. “Niente spiega alcuni di questi eventi di superdiffusione tranne la diffusione dell’aerosol”, dice Greenhalgh.
Per tutto il 2020, c’erano anche prove crescenti che gli spazi interni rappresentavano un rischio di infezione molto più elevato rispetto agli ambienti esterni. Un’analisi dei focolai registrati fino a metà agosto 2020 ha rivelato che le persone avevano oltre 18 volte più probabilità di essere infettate all’interno che all’esterno. Se le goccioline pesanti o le mani sporche fossero state i principali veicoli di trasmissione del virus, non si sarebbe osservata una discrepanza così forte.
Anche se l’OMS ha minimizzato il rischio di trasmissione per via aerea, ha invitato Li a diventare membro del GDG dell’IPC dopo aver parlato al gruppo a metà 2020. Se l’organizzazione non fosse stata almeno aperta al suo punto di vista secondo cui le infezioni erano causate da aerosol, soprattutto a breve distanza, “non mi avrebbero invitato lì, poiché conoscevano la mia posizione”, dice.
Eppure, Li è deluso dal fatto che l’OMS abbia aspettato fino a ottobre 2020 per riconoscere che gli aerosol hanno un ruolo nella trasmissione delle malattie in ambienti comunitari. E nelle sue linee guida aggiornate sull’uso della maschera, nel dicembre 2020, l’agenzia aveva ancora sottolineato carenze e lacune nelle prove per la trasmissione di aerosol, e la necessità di più “ricerca di alta qualità” per capire le specifiche di come il virus si diffonde. Non è stato che alla fine di aprile 2021 che la trasmissione aerosol a lungo raggio è stata aggiunta a una sezione di domande e risposte sul sito web dell’agenzia su come il virus si diffonde. E il termine aerosol non è stato ufficialmente aggiunto fino a dicembre 2021.
Approccio conservatore
Alcuni scienziati notano che la decisione dell’OMS di classificare SARS-CoV-2 come un virus trasmesso per via aerea, per quanto tardiva, è importante. Questo perché è in contrasto con la visione consolidata della trasmissione dei virus respiratori che ha tenuto banco quando la pandemia è iniziata, secondo cui quasi tutte le malattie infettive si diffondono attraverso le goccioline, non attraverso l’aria. E i ricercatori dicono che questo cambiamento è particolarmente importante perché l’organizzazione generalmente ha un approccio conservatore. “Ciò che l’OMS dice è normalmente basato su un consenso di pareri e opinioni di esperti”, dice Christopher Dye, un epidemiologo che è stato consigliere scientifico del direttore generale dell’agenzia fino al 2018.
E anche se l’OMS ha attirato forti critiche per il modo in cui ha valutato la trasmissione di SARS-CoV-2, alcuni ricercatori non trovano sorprendente la risposta dell’agenzia. La comunità internazionale guarda all’OMS per i primi avvertimenti di epidemie. Ma quando si tratta di scienza, l’agenzia “vede il suo ruolo come quello di certificazione del consenso attuale degli esperti, non (di solito) di proporre nuove conoscenze provvisorie”, dice Peter Sandman, specialista indipendente di comunicazione del rischio con sede nel New Jersey, che ha lavorato come consulente dell’OMS.
Schwaber dice: “Gli individui, i governi e gli organismi di salute pubblica guardano a un GDG dell’OMS, non alle congetture. Cercano un GDG dell’OMS per produrre un insieme di linee guida e di fare in modo che tutto ciò che diciamo possa essere supportato da prove”.
L’OMS viene spesso attaccata, “quindi si può capire come erano avversi al rischio”, dice Tom Frieden, presidente dell’iniziativa di salute globale Resolve to Save Lives ed ex direttore dei Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC). Frieden è critico su alcuni aspetti della risposta pandemica dell’OMS, compresa la lentezza con cui ha raccomandato l’uso di mascherine. Ma dice che l’agenzia è in una posizione difficile durante le crisi sanitarie.
Nel 2009, per esempio, è stata accusata di essere allarmista per l’epidemia di influenza suina H1N1 che si è spenta con poche vite perse. “L’OMS è stata colpita duramente per questo”, dice Dye, anche se pensa che l’agenzia avesse ragione a essere cauta e a dichiarare un’emergenza sanitaria di portata internazionale.
Una linea difficile da percorrere
La virologa May Chu, membro del GDG IPC alla Colorado School of Public Health di Aurora, dice che l’OMS segue una linea difficile, e tende a essere abbastanza conservatrice nelle sue raccomandazioni per evitare di mettere in giro informazioni che poi si rivelano errate. “Non si può fare marcia indietro” sui consigli, aggiunge Fisher, perché “poi si perde completamente la credibilità”.
La gravità della situazione potrebbe aver reso l’OMS ancora più cauta nelle sue dichiarazioni e meno propensa ad allontanarsi dal consenso degli esperti, secondo Jody Lanard, socio di Sandman, e specialista indipendente di comunicazione del rischio che in passato ha anche lavorato con l’OMS.
In situazioni precedenti – come durante l’epidemia di Ebola in Africa occidentale, e nelle campagne di vaccinazione contro la polio – l’OMS è stata più agile di quanto non sia stata durante la pandemia di COVID-19, dice Lanard. “Li ho visti capaci di cambiare il loro approccio, o provare cose diverse”, dice. Ma durante la pandemia “è così allettante essere molto, molto cauti”, perché milioni di vite saranno influenzate dalle raccomandazioni dell’agenzia. Loomans e altri si chiedono perché, quando stavano crescendo le preoccupazioni che SARS-CoV-2 potesse essere trasmesso per via aerea, l’OMS non ha adottato un approccio precauzionale riconoscendo la possibilità di rischi diversi, anche senza prove definitive.
E nel maggio 2021, l’Independent Panel for Pandemic Preparedness and Response (IPPPR), un organismo istituito dall’OMS un anno prima per rivedere le azioni dell’agenzia all’inizio della pandemia, ha bacchettato l’OMS per non aver applicato il principio di precauzione a un altro aspetto cruciale della trasmissione del COVID-19: se potesse diffondersi da essere umano a essere umano. “C’è un motivo per applicare il principio di precauzione in qualsiasi focolaio causato da un nuovo agente patogeno che provoca infezioni respiratorie, e quindi per presumere che la trasmissione da uomo a uomo si verificherà a meno che le prove non indichino specificamente il contrario”, ha scritto l’IPPPR nel suo rapporto 2021.
In pratica, applicare l’approccio precauzionale alla questione di come SARS-CoV-2 (o qualsiasi nuovo patogeno emerso) si trasmette significherebbe inizialmente assumere che tutte le vie di trasmissione sono possibili. “Questo dovrebbe essere il punto di partenza; poi si possono eliminare vie, se si è sicuri”, dice Loomans.
Ma Schwaber dice che questo approccio comporta rischi. “Affermare che i migliori interessi del paziente e i migliori interessi dell’operatore sanitario implicano l’invocazione del principio di precauzione implicherebbe anche che non c’è un lato negativo nell’invocarlo”, dice. Prendere tutte le precauzioni contro la trasmissione per via aerea richiederebbe grandi cambiamenti negli ospedali, come l’uso di stanze di isolamento a pressione negativa e scomode maschere N95 per tutto il personale e i visitatori. Tali cambiamenti devono essere soppesati rispetto alle prove che sono necessarie, dice.
Sobsey afferma che l’OMS ha in realtà adottato il principio di precauzione, in parte a causa dei consigli degli esperti di aerosol. Ecco perché, dice, l’agenzia ha dichiarato nel luglio 2020 che la trasmissione per via aerea non poteva essere esclusa, e perché ha iniziato a porre maggiore enfasi sulla ventilazione come misura protettiva, anche se le prove per la trasmissione per via aerea erano deboli in quel momento.
“Non hanno completamente torto”, dice Li a proposito di quanti sostenevano che c’erano lacune nelle prove della trasmissione per via aerea, soprattutto su grandi distanze. “Non c’è niente di male nel cercare prove scientifiche solide”, dice, ma “quando si vede la diffusione in modo così significativo, si continua ancora ad aspettare un bel articolo di ‘Nature’ o ‘Science’?”
Comunque, altre organizzazioni sanitarie si sono mosse più velocemente dell’OMS nonostante l’incertezza. Nel febbraio 2020, Li è stato contattato dal Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie per un consiglio sull’aria condizionata negli edifici pubblici e sui trasporti pubblici. Su suggerimento di Li, dice, il centro ha raccomandato di massimizzare il flusso d’aria negli edifici dall’esterno, come aiuto a eliminare qualsiasi contagio aereo. All’epoca, Li non pensava che la ventilazione avrebbe ridotto sostanzialmente l’infezione da un virus che sospettava essere trasmesso per via aerea solo su brevi distanze, un’ipotesi che ha poi smentito. Ma ha raccomandato una migliore ventilazione perché “sostengo sempre un approccio precauzionale”, dice.
Problemi di comunicazione
Una cosa che ancora manca, dice Jimenez, è una chiara campagna di comunicazione da parte dell’OMS. Nelle sue osservazioni di apertura alla conferenza globale dell’agenzia sulla comunicazione della scienza durante le emergenze sanitarie, il 7 giugno 2021, il direttore generale dell’OMS, Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha riconosciuto l’esistenza di problemi. “I processi scientifici, il processo decisionale in un contesto di emergenza e la comunicazione di massa non si conciliano facilmente”, ha detto Tedros, aggiungendo che “la ricerca di alta qualità richiede tempo, ma il tempo è qualcosa che non abbiamo in un’emergenza”.
Durante i primi mesi della pandemia, l’OMS stava combattendo battaglie su altri fronti. Mentre era alle prese con carenze di attrezzature protettive e ventilatori, stava anche affrontando la disinformazione su trattamenti non provati per COVID-19 e la minaccia degli Stati Uniti di ritirare i finanziamenti all’organizzazione.
Ma i critici dicono che anche a due anni dalla pandemia, l’OMS non ha comunicato chiaramente i rischi della trasmissione per via aerea. E, forse come risultato, i governi di tutto il mondo hanno trascorso gran parte della pandemia concentrandosi sul lavaggio delle mani e sulla pulizia delle superfici, invece che sulla ventilazione e sull’uso delle mascherine al chiuso.
“La cacofonia di messaggi mutevoli ha senza dubbio contribuito molto alla resistenza alle mascherine e ad altre misure”, dice Jimenez.
Il 15 dicembre 2021, meno di due settimane prima dell’ultimo cambiamento nelle espressioni usate sul sito web dell’OMS, Jimenez ha lanciato un appello su Twitter per via del fatto che i governi e le organizzazioni o “non sanno come proteggere i loro cittadini, o usano l’ambiguità di @WHO per evitare di farlo”. Ha enumerato più di 100 esempi in cui i consigli sanitari del momento erano in contrasto con le precauzioni relative all’areazione, indicando che il messaggio non veniva preso in considerazione dall’agenzia.
Jimenez ha continuato a raccogliere esempi di questo tipo. Ora che l’agenzia ha cambiato la dicitura sul suo sito web principale, Jimenez può incalzare questi responsabili della ‘COVID Hall of Shame’, come li etichetta, per il fatto di fornire indicazioni che non sono più in linea con l’agenzia sanitaria internazionale.
“È un po’ l’arroganza per ciò che è l’OMS”, dice Chu. “Una volta che si pubblica [una nuova linea guida], l’agenzia è abbastanza passiva. Si aspettano che tu venga sul loro sito web. Non la trasmettono necessariamente.”
Ma questo è proprio quello che è necessario fare, dice Jimenez, specialmente date le prime comunicazioni che ancora perseguitano l’agenzia, come il suo tweet su COVID-19 che non era “airborne”. “Senza dubbio dobbiamo la persistenza della disinformazione a quell’annuncio e alla posizione ferma dell’OMS nel momento in cui eravamo tutti spaventati e desiderosi di capire come proteggerci, molto presto nella pandemia”, dice Jimenez.
L’agenzia difende le sue azioni nel corso della pandemia. In una dichiarazione a “Nature” il mese scorso, un portavoce ha detto: “L’OMS ha richiesto le competenze di ingegneri, architetti e aerobiologi insieme alle competenze in malattie infettive, prevenzione e controllo delle infezioni, virologia, pneumologia e altri campi fin dai primi giorni della pandemia di COVID-19. Nell’agosto 2020, abbiamo istituito il gruppo consultivo di esperti di controllo dell’ambiente e dell’ingegneria (ECAP) per COVID-19 al fine di fornire contributi di esperti per lo sviluppo di linee guida attraverso la valutazione e l’interpretazione critica delle prove disponibili (benefici e danni degli interventi) relative a questioni tecniche rilevanti, tra cui la gestione della qualità dell’aria interna e la ventilazione come misura di controllo dell’ingegneria nel contesto di COVID-19.”
L’organizzazione dice che la guida iniziale copriva le precauzioni per l’aria in ambienti sanitari, ma nota che: “Via via che le prove sulla trasmissione di COVID-19 si sono ampliate, abbiamo imparato che anche le particelle infettive di dimensioni più piccole, note come aerosol, hanno un ruolo nella trasmissione in ambienti di comunità, e l’OMS ha adattato la sua guida e i suoi messaggi per riflettere questo atteggiamento nell’aggiornamento del dicembre 2020 alla nostra guida sulle mascherine”.
In risposta ai critici che dicono che non ha evidenziato adeguatamente i cambiamenti fatti per quanto riguarda i rischi di trasmissione per via aerea, l’OMS risponde che durante la pandemia ha tenuto circa 250 briefing per la stampa e centinaia di eventi live sui social media. Aggiunge che alimenta la diffusione delle informazioni anche attraverso i canali dei social media, incontri con i medici e mailing list di scienziati.
Questo non è abbastanza, secondo alcuni ricercatori. Stephanie Dancer, microbiologa all’Università Napier di Edimburgo, nel Regno Unito, dice che l’OMS deve essere chiara sulla sua posizione in modo che gli altri seguano il suo esempio. “Devono mostrare una vera forza di carattere e alzarsi e dire: Abbiamo sbagliato. Abbiamo intenzione di fare le cose per bene. Ecco la nostra prossima serie di linee guida. Ecco dove andremo. Questo è ciò che consigliamo”, dice.
Un cattivo inizio
Parte del problema è stata l’enfasi dell’OMS all’inizio della pandemia, dice Heidi Tworek, storica e specialista di politiche pubbliche all’Università della British Columbia a Vancouver. “Dire che COVID con certezza non era trasmessa per via aerea significava purtroppo che c’era una enorme montagna da scalare per superare [questa affermazione]”, dice. Fin dall’inizio, l’OMS e altre autorità sanitarie pubbliche e governi avrebbero dovuto sottolineare che SARS-CoV-2 era un nuovo coronavirus, e che le linee guida sarebbero inevitabilmente cambiate, dice. “E quando lo fanno, è una buona cosa perché significa che ne sappiamo di più.”
“Qui stiamo davvero parlando di due fallimenti, non di uno”, dice Sandman. “Essere riluttanti a cambiare idea, ed essere riluttanti a dire alle persone che hai cambiato idea.” Come altre organizzazioni sanitarie e scientifiche, l’OMS “ha paura di perdere credibilità riconoscendo di aver sbagliato qualcosa”, osserva.
Ma quando Lanard ha lavorato con l’OMS nel 2005 per redigere le sue linee guida di comunicazione del rischio, un principio che lei ha sostenuto – ammettere gli errori quando si verificano – è stato rimosso dalla bozza finale. Lei dice che c’erano buone ragioni dietro quella decisione, compreso il fatto che i funzionari sanitari in alcuni paesi avrebbero potuto affrontare il carcere – o peggio – se avessero promosso informazioni dell’OMS che si fossero rivelate errate. In diversi paesi funzionari e consulenti scientifici hanno ricevuto minacce di morte durante la pandemia. “Inevitabilmente a volte ci si sbaglia”, dice Frieden. E l’OMS è in una posizione per cui “qualsiasi cosa facciano, vengono attaccati”, dice.
Sul fronte scientifico, rimangono domande su quanta parte della trasmissione del COVID-19 sia trasmessa per via aerea. Sobsey dice che i ricercatori devono ancora trovare le prove che la via aerea dia “un contributo importante al carico globale della malattia”. Molti dall’altra parte della barricata, come Jimenez, sono convinti che la trasmissione per via aerea sia predominante. L’Office of Science and Technology Policy degli Stati Uniti ha espresso un forte sostegno a questo punto di vista il 23 marzo, quando il suo capo, Alondra Nelson, ha rilasciato una dichiarazione chiamata ‘Let’s Clear the Air on COVID’, in cui ha detto “il modo più comune in cui COVID-19 viene trasmesso da una persona all’altra è attraverso minuscole particelle del virus sospese nell’aria di ambienti interni per minuti od ore dopo che una persona infetta è stata lì”.
Saranno esaminati anche altri virus sospettati da tempo di essere trasportati dall’aria, compresi i virus dell’influenza e del raffreddore comune. Nel settembre 2021, i National Institutes of Health degli Stati Uniti hanno assegnato a Milton una sovvenzione multimilionaria per condurre esperimenti che determineranno se sono le vie aeree o le goccioline a provocare l’infezione dell’influenza.
Li dice che c’è un riconoscimento molto più grande della trasmissione per via aerea per via della pandemia di COVID-19, e nei prossimi anni la ricerca probabilmente dimostrerà che la maggior parte dei virus respiratori può diffondersi in questo modo. Così il mondo intero sarà più attento alla possibilità della minaccia aerea quando vecchie o nuove malattie infettive inizieranno a diffondersi.
Anche all’OMS gli atteggiamenti sono cambiati, secondo Sobsey. “Penso che ci sia stato un cambiamento di pensiero all’OMS come conseguenza dell’esperienza con questo virus”, dice, “ovvero: avere un atteggiamento più precauzionale, anche se non si è sicuri”.
Fonte: Le Scienze