Salvia, fra tradizione e uso attuale
Articolo del 01 Aprile 2021
La salvia è uno dei rimedi medicamentosi più noti della storia, fin dai tempi antichi. L’etimologia del suo nome ci fa capire il grado d’importanza che questa pianta ha avuto nel tempo. Alcuni autori affermano che il nome deriva dal latino Salvus, che significa salvare e guarire, mentre altri ritrovano l’origine della parola nel greco Soos, che sta per proteggere, e Bios, vita. In ogni caso, il nome salvia sta ad indicare il mantenimento della buona salute.
In Egitto se ne decantava principalmente la proprietà di favorire la fertilità nelle donne. Nell’antica Grecia era considerata sacra, tanto da essere chiamata «pianta dell’immortalità». Era impiegata come disinfettante e per bloccare le emorragie, oltre che per curare piaghe, ulcere e morsi di serpenti. Dioscoride ne celebra le qualità diuretiche, toniche, l’azione emmenagoga e la raccomanda per la tosse e le ferite. Anche per i Romani era un’erba sacra e veniva raccolta con una precisa ritualità in occasione di cerimonie solenni. Dal IX secolo in poi la coltivazione si diffuse nei monasteri, sia per le sue proprietà curative, sia per la credenza che allontanasse il maligno. Nel Medioevo, secondo la teoria delle segnature, si afferma la sua azione nelle affezioni della bocca: le foglie di salvia, infatti, rugose e tagliate nel centro, ricordano la superficie della lingua.
Studi recentissimi portano risultati positivi sull’uso di salvia nelle persone con malattia di Alzheimer: sembra che sia in grado di inibire la colinesterasi, un enzima capace di arrestare l’azione dell’acetilcolina che, a sua volta, è una sostanza determinante negli scambi degli impulsi nervosi; la sperimentazione, infatti, ha riportato una riduzione dei sintomi tipici nei pazienti affetti dalla sindrome. Bisogna considerare anche il fatto che l’attività a livello del sistema nervoso è aiutata sicuramente dalla proprietà antiossidante di numerosi altri componenti.
Un’altra azione preponderante della salvia è quella antiidrotica, ossia la capacità di ridurre l’eccessiva sudorazione: anche in questo caso entra in gioco il tujone che, insieme ad altri composti chetonici, determina la costrizione delle ghiandole sudoripare riducendo la secrezione di liquido. Grazie all’attività antiossidante, poi, evita che il sudore prenda un cattivo odore. Fra le altre azioni ricordiamo che è un buon digestivo, stimola l’appetito e ha un’azione sfiammante sulle mucose.
Indicazioni e posologia
La salvia è usata in caso di: astenia • vertigini • convalescenza • anoressia • menopausa • frigidità • sudorazione eccessiva • infiammazioni orofaringee • infiammazione delle prime vie respiratorie • dispepsia • Alzheimer.
Gli estratti della salvia sono principalmente tre:
– Tintura Madre: 20-30 gtt per due o tre volte al dì in acqua, preferibilmente a stomaco vuoto.
– Quintessenza: da 3 a 5 gtt per tre volte al dì in un cucchiaino di miele, una zolletta di zucchero o un pezzetto di pane.
– Estratto Fluido: da 1 a 3 ml al dì in acqua.
Effetti indesiderati
La somministrazione prolungata degli estratti di salvia può provocare convulsioni.
Un uso scorretto dei rimedi, con l’aumento delle dosi indicate, può provocare neurotossicità fino all’insorgenza di attacchi epilettici.
Controindicato in gravidanza per la presenza del tujone, potenzialmente abortivo, nonché in allattamento.
Si consiglia massima prudenza per l’uso dell’olio essenziale e solo sotto controllo di un professionista. L’essenza per uso topico può causare irritazione.
Fonte: TerraNuova.it