Sintomi neurologici di Covid-19: cosa dicono gli encefalogrammi.
Articolo del 07 Novembre 2020
E’ un quadro in continuo divenire quello sul coronavirus, continuamente intuizioni e osservazioni iniziali vengono smentite, confermate, lasciate ancora in sospeso e in attesa di nuove evidenze. Così, se almeno agli inizi si è parlato di Covid-19 come una malattia respiratoria, e lo si fa tutt’ora, è chiaro che i sintomi dell’infezione da coronavirus non si limitano all’apparato respiratorio. Descrivere lo spettro di sintomi da Sars-CoV-2 significa fare riferimento a quelli più tipicamente influenzali, quanto a quelli più caratteristici, come la perdita di olfatto e gusto, o quelli considerati più rari, come quelli neurologici. Perché è chiaro ormai, dopo le prime osservazioni, che Covid-19 non risparmia il sistema nervoso, con il rischio tutt’altro che remoto di sequele – tra cui ictus, mal di testa, convulsioni, e che in alcuni casi potrebbero essere rilevate dagli elettroncefalogrammi. Meno chiaro è quanto questi sintomi siano conseguenza diretta dell’infezione.
I sintomi neurologici da coronavirus
Che i coronavirus, ma in generale le infezioni virali, possano avere un coinvolgimento nervoso è noto da tempo. Anche l’epidemia di Sars e la Mers, entrambe dovute a coronavirus simili a quello dell’attuale pandemia, sono stati collegati all’insorgenza di sintomi o effetti neurologici, così come lo sono anche le influenze stagionali e pandemiche, come l’H1N1, le encefalopatie, le encefaliti, i disordini neuromuscolari. Nel caso di Sars-CoV2 le manifestazioni neurologiche sono state diverse: dalla diffusa, e abbastanza tipica dell’infezione, mancanza di olfatto e gusto, alla comparsa di confusione, ansia, depressione, delirio, ictus.
L’incidenza dei sintomi neurologici non è chiara, anche se appare abbastanza ragionevole considerare le manifestazioni neurologiche, specialmente quelle più importanti, come sintomi ed effetti legati alle forme più gravi della malattia. Sintomi ed effetti perché non è sempre facile distinguere se la sintomatologia nervosa sia ricollegabile direttamente all’infezione o sia una manifestazione indiretta delle sue complicanze.
In che modo il coronavirus danneggia il sistema nervoso
L’ipotesi, infatti, è che il virus colpisca sia direttamente sia indirettamente il sistema nervoso. Direttamente, per la sua capacità di entrare nelle cellule sfruttando il recettore ACE-2, espresso anche a livello cerebrale, dopo essere passato dal tratto respiratorio al sangue, e di legarsi a recettori diversi, come la neuropilina-1. Indirettamente, perché le risposte del sistema immunitario al virus possano compromettere il funzionamento del sistema nervoso.
Le anomalie negli elettroencefalogrammi
Uno dei metodi per cercare di comprendere in che modo il coronavirus danneggia il cervello è quello di leggerne l’attività attraverso gli elettroencefalogrammi. Lo hanno fatto diversi gruppi clinici e di ricerca e qualcosa sembra emergere, come raccontano due ricercatori oltreoceano sulle pagine di Seizure: European Journal of Epilepsy che hanno raccolto ed esaminato i risultati degli elettroencefalogrammi (EEG) eseguiti su circa 600 pazienti con Covid-19 di età e sesso diversi per motivi diversi: crisi epilettiche, difficoltà nel parlare, arresto cardiaco.
Nei tracciati EEG, secondo i ricercatori emergerebbero diverse anomalie per le encefalopatie correlate a COVID-19, osservate in circa un terzo dei casi a livello del lobo frontale, tanto che gli autori ipotizzano di utilizzare questa caratteristica come un potenziale marcatore. La localizzazione non sorprende: “Sappiamo che il punto di ingresso del virus più probabile è il naso, e sembra quindi esserci una connessione tra la parte del cervello che si trova direttamente accanto a questo punto di ingresso”, racconta Zulfi Haneef del Baylor College of Medicine, uno degli autori. Anche se, precisa il ricercatore, le anomali cerebrali riscontrate potrebbero essere solo indirettamente correlate a Covid-19, per esempio, per insufficiente ossigenazione o problemi cardiaci, soprattutto per le anomalie cerebrali più diffuse, non limitate alla zona frontale.
Inoltre, osservano Haneef e colleghi, quelle osservate correlavano con il grado di gravità della malattia (solo i Covid-19 sono stati inclusi nello studio) ma anche con condizioni preesistenti come l’epilessia, di cui i ricercatori hanno tenuto conto. Questo significa che i dati di EEG potrebbero fotografare una situazione di pazienti con particolari sintomi neurologici, per cui l’interpretazione dei risultati è del tutto speculativa, meritevole di ulteriori indagini.
Fonte: Galileo