Tecnologia e cervello: amici o nemici?
Articolo del 10 Febbraio 2021
Non c’è alcun dubbio che la tecnologia abbia cambiato la nostra vita e che la trasformazione abbia coinvolto tutti i settori: dal lavoro, con l’utilizzo di computer, e-mail, tablet, agli acquisti, spesso effettuati via internet, ma anche l’intrattenimento, con le visioni di film sul web grazie a piattaforme quali Netflix o Amazon Prime. Un mutamento che ha sicuramente aspetti positivi, come questo momento di pandemia ha evidenziato, consentendo, malgrado il lockdown e l’impossibilità di uscire, di continuare a lavorare tramite lo smart working, ma anche di “incontrare” virtualmente amici e parenti lontani grazie a piattaforme di videoconferenza.
La diffusione degli strumenti tecnologici nella vita lavorativa e in quella privata ha però anche effetti negativi sulla nostra salute, come numerosi studi scientifici hanno accertato rilevando danni a vari organi e funzioni dell’organismo. Particolarmente rischioso è risultato l’uso prolungato del telefonino. “Negli ultimi vent’anni molta ricerca di base, clinica ed epidemiologica si è dedicata allo studio degli effetti delle radiofrequenze e delle microonde emesse dai cellulari e dalle altre attrezzature wireless da cui siamo circondati e di cui siamo assidui utilizzatori. Una delle domande a cui si cerca di dare risposte scientifiche è se queste radiazioni non ionizzanti possono influenzare le funzioni del nostro cervello”, spiega Marzia Baldereschi dell’Istituto di neuroscienze (In) del Consiglio nazionale delle ricerche. “Si ipotizza che, data la prossimità, il basso livello delle radiazioni del telefonino possa dare luogo, nelle cellule cerebrali, a effetti sulle funzioni cellulari. In esperimenti in vitro si è notato un aumento dei fisiologici scambi di ioni sodio e potassio attraverso la membrana cellulare e un accelerato metabolismo del Calcio intracellulare. Si tratta di modificazioni transitorie, che non esprimono la possibilità di un danno alla cellula ma piuttosto di un’iperstimolazione di normali processi. Dunque, si è ipotizzato che possano portare a un aumento dell’eccitabilità neuronale e all’attivazione della risposta cellulare allo stress”.
Ma non sono solo queste le conseguenze dell’uso continuo dei devices tecnologici, sembra infatti che la loro capillare diffusione nella vita di tutti giorni stia causando anche un impigrimento nell’uso della memoria, dal momento che il cervello non ha più necessità di immagazzinare dati: per recuperare le informazioni di cui si ha bisogno non serve ricordare, basta avere a disposizione un cellulare, un tablet o un computer. I dati scientifici relativi alle ricadute mnemoniche non sono ancora certi, come chiarisce la ricercatrice del Cnr-In: “Studi sperimentali su cellule o su topi da laboratorio sembrano dimostrare modificazioni di alcune funzioni cognitive, ma gli studi sull’uomo paiono andare in direzione contraria: a oggi non è stato possibile dimostrare una relazione causa-effetto tra uso del cellulare e perdita di funzionalità cognitiva, né nell’ambito della memoria né in quello dell’attenzione. Al contrario, si sta cercando di utilizzare stimolazioni cellulari simili per combattere la malattia di Alzheimer e la malattia di Parkinson. Finora, però, senza risultati incoraggianti”.
La vita quotidiana induce però a conclusioni diverse. “Già nel 2012 fu coniata l’espressione di demenza digitale per indicare i problemi di memoria, di attenzione e di apprendimento riscontrati dagli insegnanti nei loro scolari, sempre più incollati agli smartphone e impegnati a ‘googlare’ qualsiasi cosa”, continua Baldereschi. “Anche gli adulti si lamentano di difficoltà mnesiche e di concentrazione, come evidenzia anche uno studio condotto recentemente a Hong Kong tra massicci utilizzatori di pc e smartphone. E questo perché, sostengono anche gli esperti, non affidiamo più i fatti alla memoria, dal momento che trovare le informazioni di cui abbiamo bisogno è diventato rapido e facile sui nostri strumenti digitali. È, insomma, come se tenessimo alcune funzioni cerebrali a riposo e il non-uso atrofizza”.
Non solo, l’uso continuo di queste tecnologie agisce anche in un altro modo. “Le molte ore rubate all’esercizio fisico e all’interazione sociale diretta, al normale uscire a passeggiare incontrando gli amici danneggia il cervello, queste attività, infatti, mantengono in buona forma la mente, oltre al fisico. È scientificamente dimostrato”, conclude la ricercatrice.
Fonte: Almanacco della Scienza