Teniamo a bada l’Rt per far funzionare meglio i vaccini

Articolo del 25 Novembre 2020

C’è un rapporto tra Rt e vaccini: infatti abbassando il primo, mantenendo precauzioni e distanziamenti, già una più bassa percentuale di vaccinati potrà produrre il vantaggio dell’immunità di gruppo. È anche molto importante conoscere i dati sui nuovi vaccini, prodotti con uno straordinario impiego di risorse e collaborazioni ma per i quali mancano ancora dati e sufficienti pubblicazioni scientifiche a conforto di quanto affermato dai comunicati stampa delle aziende.

In questi giorni l’obiettivo dichiarato dagli esperti è quello di abbassare l’indice di riproduzione Rt sotto il valore di 1. Ricordiamo che il valore di Rt è una misura del numero medio di casi secondari contagiati da un primo caso. Se Rt diminuisce , il numero giornaliero dei casi diagnosticati diminuirà progressivamente e con esso il numero dei ricoveri in ospedale e di quelli in terapia intensiva. Oltre al beneficio di ridurre la domanda di accesso alle cure, molti però sperano che il valore di Rt sotto 1 comporti automaticamente il ritorno a una vita con meno restrizioni, soprattutto sociali. È sensato questo automatismo?

L’importanza delle misure di distanziamento

Al pari di tutte le infezioni a trasmissione interumana, il valore dell’indice è direttamente proporzionale alla capacità del virus di passare da una persona all’altra, alla durata della contagiosità di ogni infetto e alla probabilità di occasioni efficaci di contagio mediante i contatti tra le persone infette e quelle suscettibili. Perché Rt diminuisca, almeno uno di questi fattori deve diminuire. Su quali di questi fattori stiamo esercitando un controllo? Non sulla trasmissibilità aerea del virus, che è una caratteristica dello specifico agente patogeno. Nemmeno la durata di contagiosità di ogni infetto può essere controllata in modo efficace, anche se l’isolamento dei casi identificati è cruciale nell’accorciare i tempi in cui l’infezione può essere trasmessa. Ma sappiamo che la trasmissione avviene ancora prima dell’insorgenza dei sintomi, quando è impossibile controllarla a meno di testare sistematicamente tutta la popolazione. L’uso della mascherina può abbassare il rischio di trasmissione, ma dispositivi efficaci dovrebbero essere veramente indossati da tutti.

Se Rt attualmente è in diminuzione, come riportato dalle stime dell’Istituto Superiore di Sanità, il merito va dunque alla riduzione dei contatti tra le persone. Questa al momento è la nostra salvezza ma anche la nostra condanna come esseri sociali ed economici. È un fatto che le restrizioni scattate per contenere la seconda ondata sono state vissute peggio dalle persone, con più sentimenti di stanchezza e rancore che di solidarietà. E non basta la riprovazione verso comportamenti scorretti per cambiare le cose.

L’aiuto dei vaccini per allentare le misure di isolamento

La speranza è dunque che la vaccinazione possa farci allentare le misure di isolamento. Se sarà efficace nel prevenire anche le infezioni e la circolazione virale potrà veramente interrompere la trasmissione e liberarci dalla spada di Damocle di nuove ondate periodiche di Covid-19. Per le malattie a trasmissione interumana, oltre al beneficio della protezione individuale, si può acquisire anche la cosiddetta “immunità di gruppo” (herd immunity) con il vantaggio che, in una comunità definita, anche le persone non vaccinate possono essere indirettamente protette da una buona quota di persone immuni che interrompono le catene di contagio perché non si infettano e non trasmettono l’infezione.

La quota di persone immuni sufficienti a bloccare la circolazione virale dipende dall’indice di riproduzione R, anzi è calcolabile facilmente come (1-1/R). Più è basso R, minore sarà la quota di immuni necessaria a ostacolare la circolazione. Ad esempio per R=1,6 la quota di immuni necessaria per ottenere l’immunità di gruppo è 38%; per R=2 la quota è 50%. Ovviamente l’assunzione è che gli immuni siano veramente dispersi nella popolazione in modo da intercettare e bloccare i contagi. Nella realtà non è proprio così, dato che infezioni e immunità tendono a distribuirsi in cluster.

Il legame tra i nostri comportamenti e l’efficacia della vaccinazione

Lo scenario più prevedibile è che non si possano allentare tutte le restrizioni appena l’indice Rt scende sotto 1 e che il tempo in cui la campagna di vaccinazione eserciterà il suo effetto nella comunità dipende anche dai nostri comportamenti. Se riusciremo a mantenere le precauzioni e il distanziamento, limitando la circolazione virale, una prima quota di vaccinati potrà già produrre il vantaggio dell’immunità di gruppo, perché Rt sarà basso. E certamente non sarà necessario vaccinare 60 milioni di italiani in condizioni di emergenza, come qualcuno sta già prospettando, ricorrendo a caserme, parrocchie e cinema. Saranno molti meno, e scaglionati nel tempo.

Cosa sappiamo al momento sui primi vaccini

Il punto che resta da capire è quando uno o più vaccini riceveranno la valutazione positiva in termini di sicurezza ed efficacia dall’Agenzia Europea EMA e saranno autorizzati dall’agenzia Italiana AIFA, che partecipa alla valutazione. Quanto anticipato per ora dalle aziende farmaceutiche e dai loro comitati di revisione lascia ben sperare, ma ovviamente non basta. Il primo dato incoraggiante è che i due vaccini più prossimi all’eventuale approvazione (entrambi a m-RNA) convergono indipendentemente verso valori in efficacia molto alti (superiori al 90%). Come commentato dal New England Journal of Medicine, questo aspetto non è secondario. A questo si aggiunge il fatto che i protocolli della maggior parte delle sperimentazioni di fase 3 sono stati per la prima volta resi disponibili sul web.

Sappiamo quindi che tutte le fasi di sperimentazione sono state pianificate e condotte. Sappiamo che EMA dall’inizio di ottobre sta valutando i dati preclinici di due vaccini a m-RNA. Intanto, il 20 novembre sono stati consegnati alla Food and Drug Administration (FDA) le migliaia di pagine di documentazione anche clinica da parte di Pfizer per la richiesta di approvazione per un uso in emergenza (in Europa tale procedura non è prevista e i vaccini pandemici vengono autorizzati con approvazione condizionata, come per il Remdesivir).

Dai protocolli sappiamo che la sicurezza ed efficacia d’uso vengono valutate su molte migliaia di persone (circa 22.000 nel braccio vaccinati dello studio del vaccino Pfizer, 15.000 dello studio del vaccino Moderna e circa 20.000 di quello di Astra-Zeneca). Normalmente, le linee guida per l’approvazione di nuovi vaccini in Europa richiedono studi su almeno 3.000 persone, in genere giovani adulti sani. I vaccini contro Covid-19 hanno arruolato un numero molto maggiore di persone di ogni tipo, anche in età avanzata perché l’ideale sarebbe poter proteggere per prime le persone che corrono maggiori rischi dall’acquisizione dell’infezione. Se i primi risultati comunicati dalle aziende saranno confermati dalla revisione delle autorità regolatorie, queste sperimentazioni forniscono dati sufficienti sulla sicurezza del loro uso almeno per i due mesi successivi alla vaccinazione. Il campione così ampio di persone studiate permetterà di fare valutazioni su diversi ambiti e diverse sottopopolazioni, oltre a quelli iniziali di efficacia totale e sicurezza, e gli studi in corso proseguiranno anche dopo la prima approvazione per il loro uso.

Questi sono i mesi cruciali per completare il quadro sui vaccini

Serviranno circa tre settimane per avere notizia dell’eventuale approvazione del primo vaccino in condizioni di emergenza negli Stati Uniti. Partiranno quindi le prime somministrazioni alle categorie più a rischio insieme a un’attenta sorveglianza di eventi avversi parallelamente al progredire dei trial dei due primi vaccini a m-RNA, il cui compimento è previsto per il 2022. Un quadro ragionevolmente completo di tutti i risultati lo avremo solo allora, ma anche la somministrazione dei vaccini avanzerà gradualmente per tutto il 2021 e oltre. Nel frattempo arriveranno anche altri vaccini dei quali impareremo a conoscere le caratteristiche che amplieranno la scelta anche in termini di appropriatezza per le diverse categorie di soggetti e popolazioni.

Quanto realizzato in meno di un anno non è mai avvenuto in tutta la storia dei farmaci, a testimonianza delle straordinarie risorse e collaborazioni messe in capo in tempi di emergenza. Ma ci muoviamo ancora in un limbo in cui mancano dati e sufficienti pubblicazioni scientifiche a conforto di quanto affermato dai comunicati stampa delle aziende. Da qui a fine anno molti tasselli si aggiungeranno, e sta alla prudenza di tutti non tirare conclusioni affrettate, anche se la sanità pubblica deve prepararsi e non perdere tempo prezioso.

Misurare le parole, pretendere trasparenza, costruire la fiducia

L’anno scorso l’Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato la “esitazione vaccinale” una delle dieci minacce alla salute globale. Una riluttanza a vaccinarsi che interessa anche molti medici e infermieri. In realtà l’esitazione vaccinale riguarda l’ingiustificata titubanza ad accettare vaccini pienamente approvati, e non vaccini per i quali mancano ancora dati consolidati. «Tuttavia – commenta l’ultimo numero di JAMA – l’esitazione vaccinale e la riluttanza ad accettare un vaccino Covid-19 non sono completamente distinte. Entrambi sollevano una questione di fiducia: fiducia nei processi e nei sistemi che sviluppano, approvano e controllano la sicurezza dei vaccini, così come nelle persone e nelle agenzie che raccomandano e approvano la vaccinazione».

Questa fiducia va sollecitata con azioni concrete. Sapendo qual è la posta in gioco e il ruolo che vaccini efficaci possono giocare per alleviare intere società dalla immensa fatica di un protratto blocco sociale ed economico, è più che mai necessario misurare le parole, esigere da tutti (a partire dalle aziende) la massima collaborazione nel garantire trasparenza di dati e procedure. Inoltre, una corretta informazione dovrà essere alla base dell’adesione all’offerta della vaccinazione, che probabilmente avverrà nel momento di diminuzione dei contagi. Il personale sanitario sarà il primo ad essere chiamato a vaccinarsi e sarà bene costruire fin da ora le basi razionali di scelte consapevoli e determinanti per la salute di tutti.

 

Fonte: Scienza in Rete

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