Vaccini anti-Covid, ecco come all’Ema si controlla efficacia e sicurezza.

Articolo del 15 Dicembre 2020

Parla Marco Cavaleri, responsabile della Strategia vaccini dell’Ema, l’agenzia europea chiamata ad approvare i vaccini anti-Covid che saranno distribuiti in Italia.

Marco Cavaleri è il responsabile Strategia Vaccini di EMA (Head of Health Threats and Vaccines Strategy la qualifica in inglese). EMA è l’ European Medicines Agency, l’agenzia che garantisce valutazione scientifica, supervisione e controllo della sicurezza dei medicinali per uso umano e veterinario nell’Unione europea.

È dunque italiano il capo della task force Ue che si è occupata di redigere le linee guida e di tenere i contatti con gli sviluppatori. Sarà poi il Committee for Medicinal Products for Human Use (CHMP) che formulerà l’opinione di EMA sui vaccini anti-Covid da gennaio distribuiti in Italia.

In queste settimane abbiamo letto i comunicati e dichiarazioni delle aziende produttrici ma l’ultima parola, almeno nell’Unione, spetta all’EMA, l’agenzia che nel 2018 Milano ha sperato di accogliere in Italia dopo l’avvio della Brexit e che invece dopo un sorteggio ha traslocato da Londra ad Amsterdam l’anno scorso.

Parlo al telefono con Marco Cavaleri la mattina del 2 dicembre, nelle ore in cui la Gran Bretagna approva il primo vaccino in Occidente, quello messo a punto da Pfizer/BioNtech.

A parte gli aspetti tecnici, quali sono i requisiti per ritenere un vaccino sicuro? Si tratta solo di un fattore quantitativo (numero di volontari testati senza reazioni gravi) o vi è stata anche un’indagine qualitativa?

È una combinazione dei due fattori. Noi partiamo dagli studi di laboratorio sulla tossicità, come per tutti i farmaci, dagli studi di immunologia e dagli studi dei meccanismi di protezione dell’uomo. La prima verifica clinica si concentra sull’incidenza degli eventi avversi: bisogna subito capire qual è il legame tra il vaccino e l’incidenza di eventuali eventi avversi nei vaccinati, la gravità di questi eventi e il numero di vaccinati coinvolti. Ci basiamo su studi clinici progressivamente più ampi che includono gruppi di controllo (il gruppo di controllo è quel numero di volontari che non riceve il vaccino indagato e generalmente sottoposto a placebo, si somministra loro praticamente acqua e sale e dal confronto con i volontari a cui viene somministrata la dose di vaccino, si evince l’efficacia e la sicurezza dello stesso ndr).

L’obiezione che fanno alcuni è il tempo. In media per mettere in commercio un vaccino ci vogliono dai cinque agli otto anni. Nel caso dei vaccini Covid in 10 mesi dalla scoperta del virus abbiamo già un vaccino approvato il 2 dicembre in Gran Bretagna (quello di Pfizer-Biontech) e due vicini al traguardo.

Si supera l’obiezione tempo dicendo ciò che è successo. Nessuno studio essenziale è stato omesso nonostante il processo si sia svolto molto rapidamente. Gli studi di fase 3 sono di dimensioni molto grandi, in linea con quelli che vediamo normalmente nelle valutazioni di altri vaccini. Non c’è stata nessuna omissione nella generazione dei dati richiesti.

In Italia Andrea Crisanti, professore di microbiologia molecolare a Padova, ha accennato al fatto che vorrebbe vedere i «dati grezzi». Di cosa si tratta?

Le aziende farmaceutiche inviano alle agenzie regolatorie dei report dettagliati prodotti dalle aziende stesse, come per qualsiasi medicinale, e i dati ivi contenuti vengono scrutinati. Se emerge un dubbio, possiamo richiedere di inviarci ulteriori informazioni e i cosiddetti “dati grezzi” che finiscono sotto valutazione, e come extrema ratio, valutare un’ispezione. Finora, da quello che abbiamo potuto vedere, non ci sono state deviazioni preoccupanti.

Abbiamo imparato che nella sperimentazione di un vaccino da parte di un’azienda vi sono le fasi 1, 2, 3. La vostra verifica è sovrapponibile?

Negli studi iniziali di fase 1, viene incluso un numero limitato di volontari adulti, poi vengono allargati alla popolazione sopra i 60 e i 70 anni. Questo è molto importante per capire la risposta immunitaria degli over 65 e per definire la dose. Negli studi successivi si allarga la dimensione del campione fino ad arrivare agli studi di fase 3 che sono essenziali per provare l’efficacia e la sicurezza.

Le due aziende americane Moderna e Pfizer propongono due sieri rivoluzionari con una tecnica mai applicata ai vaccini. In questo caso il processo di autorizzazione segue/ha seguito un iter diverso, più lungo, più complesso vista la nuova tecnica messa a punto? O c’era già una base su cui lavorare?

I vaccini a Rna sono oggetto di ricerca da parecchi anni. È dagli anni ’90 che si lavora con questa tecnologia, anche prima della pandemia c’era già una discreta esperienza di ricerca che si è applicata ad alcuni virus problematici come quello dell’influenza o a Zika. Non siamo partiti da zero.

Perché questa tecnica con l’Rna non ha portato già a un vaccino prima di adesso?

Questo è ipotizzabile alla luce di priorità del settore privato e considerando che piccole aziende sono state pioniere in questo campo con inizialmente fondi limitati.

Dall’inizio mi ha colpito come gli americani abbiano subito preso la via dell’Rna e gli europei, cioè Oxford e AstraZeneca quella del vettore virale.

Molti vaccini a Rna messaggero vengono dall’Europa, hanno origine europea (BioNtech nasce in Germania dal lavoro di due scienziati turchi ndr). Le aziende hanno fatto quello che era ovvio cioè proseguire con una tecnologia a cui stavano già lavorando. La stessa cosa si può dire per AstraZeneca-Oxford con la tecnica del vettore virale, che è abbastanza nuova anche questa ma è già stata usata per due vaccini contro Ebola approvati dall’EMA.

Ci hanno più volte spiegato che le autorità regolatorie come Ema hanno seguito le fasi del vaccino dall’inizio, quindi dovreste avere già in mano almeno le prime due fasi della sperimentazione clinica. Se è così, in queste due fasi, si fanno/si sono già fatte obiezioni all’azienda o si fanno all’ultimo?

Abbiamo applicato il metodo della rolling review, la revisione a cicli continui dei dati che le aziende farmaceutiche ci hanno sottoposto man mano che li producevano. Questo metodo ci ha permesso di andare più veloci.

È stata fatta richiesta di approvazione del vaccino messo a punto in Russia o di quelli cinesi?

Non è ancora arrivata alcuna richiesta ma può accadere. Ci sono stati dei contatti preliminari ma non una richiesta di autorizzazione. Noi siamo comunque aperti a collaborare con tutti e lavoriamo anche con l’OMS per cui potremmo essere chiamati a validare dei vaccini da impiegare a livello globale quindi destinati a paesi extra-UE con risorse limitate.

Dopo le prime somministrazioni, l’Ema continua a monitorare i vaccinati e in che modo con quale frequenza?

Noi continueremo a monitorare gli studi clinici in corso e gli ulteriori dati di sicurezza ed efficacia. Le aziende farmaceutiche dovranno approntare un Risk management plan che include report di sicurezza su base mensile e ulteriori studi specifici per verificare la sicurezza nella popolazione vaccinata. Inoltre, l’ECDC e gli stati membri faranno degli studi aggiuntivi per creare un monitoraggio costante e rigido. Ci sarà una rete di farmacovigilanza con delle comunicazioni costanti dai paesi membri.

L’Ema dialoga con la FDA americana, l’Mhra britannica o altre autorità?

Ci parliamo molto. Siamo in contatto costante per allineare i requisiti regolatori e per l’interpretazione dei dati emergenti. Quello che ci distingue dall’FDA americana sono i diversi strumenti previsti nelle rispettive legislazioni. L’FDA ha a disposizione, ad esempio l’autorizzazione all’uso d’emergenza che permette l’uso temporaneo durante un’emergenza di un farmaco o vaccino non ancora approvato, mentre non esiste a livello EMA. Parliamo anche con i britannici che sono ancora formalmente comunitari quindi sottostanno al sistema di regole comuni. Hanno potuto procedere all’approvazione (del vaccino Pfizer/BioNtech ndr) perché ciascun paese Ue può consentire l’uso di un farmaco in caso di emergenza. Al momento nessun altro Paese lo ha fatto.

Quello della Gran Bretagna è probabilmente un segnale politico vista la Brexit in arrivo. Ma può essere considerato “uno strappo scientifico” come sembra dal comunicato Ema del 2 dicembre? I britannici hanno fatto troppo in fretta?

L’agenzia inglese ha scelto di optare per un’autorizzazione di emergenza. Non possiamo commentare sui dati revisionati dai colleghi inglesi perché non ne siamo al corrente. L’EMA prosegue verso l’autorizzazione all’immissione in commercio condizionale (CMA). Questo tipo di autorizzazione deve essere supportata da robuste evidenze presentate dalle aziende per dimostrare la qualità del vaccino, il suo funzionamento e la sua sicurezza, con specifici obblighi di presentare ulteriori dati dopo l’approvazione iniziale.

L’indagine dell’Ema include anche la capacità del vaccino di impedire la malattia e non il contagio – ipotesi che si dibatte tra esperti in questi giorni – o si limita all’efficacia di respingere l’infezione? In caso affermativo siete voi a stabilire chi si deve vaccinare prima?

Noi valuteremo tutti i dati raccolti negli studi clinici inclusi quelli riguardanti la protezione dall’infezione senza sintomi. È però possibile che molti di questi studi non siano in grado di dare informazioni conclusive sulla capacità dei vaccini di prevenire il contagio, in quanto il disegno sperimentale ha come obbiettivo primario di dimostrare la riduzione della malattia e non tutti gli studi hanno monitorato sistematicamente la comparsa di infezione senza sintomi. In ogni caso non è compito dell’EMA ma delle autorità nazionali competenti di definire le priorità nelle campagne vaccinali.

 

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