W la CO2: l’ultimo libro di Gianfranco Pacchioni
Articolo del 26 Agosto 2021
In uno studio diretto da Claudia Ghigna, dell’Istituto di genetica molecolare Luigi Luca Cavalli-Sforza del Consiglio nazionale delle ricerche di Pavia (Cnr-Igm), in collaborazione con diversi centri di ricerca e università italiane e internazionali, è stata individuata una nuova variante proteica espressa unicamente sulla superficie dei vasi sanguigni tumorali. I risultati dello studio, sostenuto da Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro, sono stati pubblicati su Nature Communications.
“Questa nuova variante contribuisce a rendere il cancro più aggressivo e rappresenta un nuovo marcatore tumorale e un possibile bersaglio molecolare – spiega la ricercatrice – La crescita dei tumori è infatti strettamente correlata ai nutrienti forniti dai vasi sanguigni associati al tumore: limitare lo sviluppo di questi ultimi rappresenta quindi una possibile strategia terapeutica per ‘affamare’ il tumore e renderlo maggiormente suscettibile alla chemioterapia”.
La ricerca mostra come, attraverso il meccanismo noto come ‘splicing alternativo’, le cellule dei vasi sanguigni producano una nuova variante della proteina UNC5B mai descritta prima, chiamata UNC5B- 8. “Lo splicing alternativo è un meccanismo cosiddetto di ‘taglia e cuci’, che consente ai mattoni che formano i geni umani di essere assemblati in vari modi e, come conseguenza, di generare proteine differenti a partire dallo stesso stampo iniziale – prosegue Ghigna – I risultati della ricerca accendono i riflettori sul ruolo ancora poco conosciuto dello splicing alternativo durante lo sviluppo dei vasi sanguigni tumorali”.
La formazione dei vasi sanguigni avviene attraverso un processo chiamato angiogenesi ed è indispensabile perché i diversi tessuti e organi ricevano l’ossigeno e i nutrienti necessari alla loro sopravvivenza. “L’angiogenesi è però determinante anche nella progressione tumorale: fin dalle prime fasi di sviluppo, le cellule cancerose stimolano la formazione di nuovi vasi, sostenendo così la propria crescita e la formazione di metastasi in altri organi o tessuti”, chiarisce la ricercatrice del Cnr-Igm.
“Dallo studio dell’angiogenesi sono emerse terapie in grado di fermare o far
regredire il tumore, bloccato nella formazione dei vasi sanguigni e privato così di ossigeno e nutrienti. Sfortunatamente, finora, queste terapie hanno mostrato risultati modesti nei pazienti, che spesso sviluppano meccanismi di resistenza – spiega Ghigna – Maggiori informazioni sui vasi sanguigni che nutrono il tumore sono pertanto fondamentali per rendere questi approcci terapeutici più efficaci. In questo studio abbiamo scoperto che la nuova variante proteica UNC5B- 8 è prodotta unicamente dalle cellule dei vasi sanguigni e preferenzialmente da quelle associate a tumori più aggressivi e con prognosi meno favorevole. Quindi tale variante offre un ottimo strumento diagnostico e prognostico, che potrebbe essere sfruttabile sia come nuovo marcatore dell’angiogenesi tumorale, sia come possibile bersaglio molecolare per terapie anti-cancro di maggior efficacia”.
“A guidare la macchina che genera la proteina UNC5B- 8 è il fattore NOVA2 – conclude Davide Pradella, assegnista presso Cnr-Igm di Pavia grazie a una borsa di ricerca sostenuta da AIRC – NOVA2, come UNC5B- 8, ha un’espressione alterata nei vasi sanguigni che nutrono il tumore, mentre è assente o è espresso a bassi livelli nei vasi sanguigni dei tessuti sani. NOVA2 attiva direttamente lo splicing alternativo del gene UNC5B inducendolo a produrre la nuova variante”.
Quanto può essere interessante la storia di un gas?
Ci risponde, sorprendendoci, Gianfranco Pacchioni, chimico premiato nel 2009 con la medaglia Blaise Pascal per la scienza dei materiali dalla European Academy of Sciences, professore di chimica dei materiali all’Università di Milano-Bicocca e membro dell’Accademia Nazionale dei Lincei. Attraverso metafore e similitudini suggestive, immagini esplicative, box di approfondimento e storie affascinanti, l’autore dipinge la complessità del rapporto tra esseri umani, ambiente e biossido di carbonio. Un gas al quale dobbiamo la vita, anche se spesso gli attribuiamo soltanto ruoli negativi. Se rimuovessimo tutta l’anidride carbonica presente nell’atmosfera, come ci ha spiegato Pacchioni in un’intervista, «la vita sulla Terra si fermerebbe integralmente. Morirebbero tutti, dai batteri agli esseri superiori. Sarebbe un pianeta senza vita».
Questo è l’oggetto dell’ultimo libro firmato da Pacchioni, W la CO2: possiamo trasformare il piombo in oro?, pubblicato da Il Mulino (2021, 208 pagine, 15 euro). Il volume inizia con il racconto di una pubblicità, un piccolo spot che mostra l’anidride carbonica come qualcosa da eliminare. La frase conclusiva – “abbasso la CO2!” – è stata la scintilla che ha spinto Pacchioni a scrivere. Prende questo pregiudizio diffuso e lo ribalta attraverso un viaggio tra le potenzialità di questo gas e l’importanza che ricopre per la vita. Ci conduce nel percorso che la CO2 intraprende per entrare a fare parte di noi, da una roccia calcarea all’atmosfera a uno dei nostri 100 miliardi di neuroni.
Racconta poi delle conseguenze fatali di una concentrazione troppo alta di anidride carbonica in ambienti chiusi, come durante la perdita di ossigeno sull’Apollo 13 che non finì in tragedia solo grazie alla costruzione di filtri improvvisati. Ma l’autore parla anche di tutte le altre applicazioni della CO2: il ghiaccio secco, il vino, le brioche, la produzione di caffè decaffeinato e molto altro.
Il viaggio continua con la nascita del nostro pianeta. Perché oggi non saremmo qui se non fosse per l’anidride carbonica, responsabile dell’effetto serra che ha reso la Terra abitabile. Tra i primi incredibili passaggi della vita e i cambiamenti del nostro mondo, l’autore ci mostra in modo semplice e chiaro i meccanismi che hanno portato alla nostra esistenza. Includendo, naturalmente, uno dei processi più importanti della natura: la fotosintesi, spiegata in modo ottimo nella sua straordinaria complessità, dalla quale l’ossigeno – e così la vita come la conosciamo oggi – nasce quasi per caso.
Sono storie di un gas, ma anche degli scienziati (e non solo, come nel caso di Jacob Schweppe, l’inventore dell’acqua gassata) che l’hanno indagato. Vite molto interessanti (dalla fine spesso drammatica), piene di successi e insuccessi, riconoscimenti e litigi, rivoluzioni e viaggi, scontri con giganti dei combustibili fossili che per denaro hanno gettato dubbi sulla pericolosità dell’eccesso di CO2. L’autore descrive poi il processo di presa di coscienza dell’importanza del riscaldamento globale, dall’Ottocento, con la sconosciuta Eunice Newton Foote, a oggi, tra scontri politici e movimenti sociali. Certo, spiega Pacchioni, lo scetticismo trova in parte fondamento: ci sono anche delle variazioni naturali del livello di CO2 nell’atmosfera. Ma poi chiarisce, con semplicità, anche le prove che mostrano in modo inequivocabile il drammatico impatto umano sul riscaldamento globale.
Come ha commentato l’autore durante l’intervista, «se potessimo togliere la CO2 in eccesso, dopo un po’ di tempo la Terra tornerebbe a equilibrarsi e a raffreddarsi. I processi atmosferici hanno dei tempi di equilibrazione lenti: la CO2 che stiamo emettendo oggi resterà in atmosfera per centinaia, migliaia di anni. Quindi, il problema climatico non è facile da risolvere. Possiamo contenere in parte il cambio di temperatura; tornare indietro è pressoché impossibile.»
Quindi, quali sono le prospettive? Negli ultimi capitoli, l’autore si sofferma sulle potenzialità della CO2. Non sono pochi i problemi, ma le ricette per uscirne ci sono.
«Si sente dire tutti i giorni: “riduciamo la CO2, riduciamo le emissioni!”. Da qui al 2030 l’obiettivo dell’Unione Europea è di ridurre le emissioni del 55%. Il 45% resta, e questa è l’Unione Europea: tutti gli altri Paesi, soprattutto quelli in via di sviluppo, non raggiungeranno neanche una frazione di questo obiettivo. Non solo: se anche smettessimo di produrre la CO2, quella che abbiamo già immesso rimarrà nell’atmosfera. Dovremo imparare a riutilizzarla, che vuol dire catturarla e trasformarla. La strada è generare tanta energia rinnovabile, produrre l’idrogeno grazie alla scissione dell’acqua, combinarlo con la CO2 dopo averla catturata e trasformarla in sostanze utili. L’altra via di cui si parla oggi è di prendere la CO2 e stoccarla in giacimenti, ma ci sono problemi e comunque non sarebbe un riutilizzo.»
In questo viaggio, dall’origine al futuro, emergono anche altre nozioni interessanti, che s’intersecano con la storia per renderla più chiara e ricca. Come alcuni numeri sorprendenti sull’ambiente, sulle piante e sulla fisiologia umana. Uno splendido libro di divulgazione scientifica, in cui si intrecciano storie e metafore per parlare di ambiente, complessità e storia della scienza, rapporto scienza-società e tantissime curiosità interessanti. Chiaro e completo, trasmette molto bene il messaggio: la via d’uscita c’è, dobbiamo solo saperla cogliere.
«Possiamo contribuire tutti, ma non attraverso le strade che oggi vengono pubblicizzate. Il problema climatico è diventato una straordinaria opportunità per le aziende: tutti propongono prodotti più ecologici e sostenibili. Sono piccoli contributi, meglio che niente, ma il problema è molto più profondo. Se vogliamo salvare il pianeta dovremo veramente cambiare i nostri costumi, dovremo essere molto più parchi, molto più attenti a tutte le risorse che utilizziamo, rinunciare anche ad alcune cose. Ci vuole un contributo individuale molto importante, non dev’essere fanatismo ma ci vuole un atteggiamento molto consapevole. Per esempio, la carne produce un sacco di CO2. Ci sono tantissimi comportamenti che si possono mettere in atto.»
Cambiando concretamente le nostre abitudini e unendo agli sforzi attuali quelli per il riutilizzo dell’anidride carbonica, da cui possiamo ricavare tantissime risorse, potremo fare la differenza. Viva la CO2.
Fonte: Scienza in Rete